Comunicato - La normativa ferie in TIM
Dalla costituzione italiana alla giurisprudenza attuale, passando per leggi, circolari e contratti collettivi: ecco il vademecum dell’attivista sindacale e del lavoratore che vuole informarsi senza perdersi tra le diverse voci che circolano in azienda
15 Giugno 2016
La normativa ferie in TIM
DALLA COSTITUZIONE ITALIANA ALLA GIURISPRUDENZA ATTUALE, PASSANDO PER LEGGI, CIRCOLARI E CONTRATTI COLLETTIVI: ECCO IL VADEMECUM DELL’ATTIVISTA SINDACALE E DEL LAVORATORE CHE VUOLE INFORMARSI SENZA PERDERSI TRA LE DIVERSE VOCI CHE CIRCOLANO IN AZIENDA SULLA CORRETTA MODALITÀ DI FRUIZIONE DELLE FERIE
NORMATIVA
L’articolo di riferimento del Codice Civile sulla fruizione delle ferie è l’articolo
Art. 2109 del Codice Civile - Periodo di riposo
"Il prestatore di lavoro .......... ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge e dagli usi o secondo equità. L'imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie . ............."
Attorno a questo articolo ruota praticamente tutta la normativa passata, presente e, forse, futura. Infatti, prendendo spunto dalla
Costituzione Italiana, art. 36
".......... Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi."
si stabilisce nel codice civile che il primo soggetto che decide del periodo di ferie, tenendo conto delle necessità del prestatore di lavoro, è il datore di lavoro. questo principio non è contradetto dal D.lgs 8 Aprile 2003, n. 66 (Richiamo 1) Né tantomeno dall’integrazione D.lgs 19 Luglio 2004, n. 213 (Richiamo 2)
Le vere novità che tali Decreti Legislativi introducono a riguardo sono sostanzialmete tre:
- il diritto del lavoratore a chiedere un periodo di ferie continuato di due settimane nell’anno di maturazione
- il termine massimo improrogabile di 18 mesi, oltre il termine di maturazione, per la fruizione di un residuo di ferie non godute (fino a due settimane massimo)
- l’impossibilità di monetizzare le quattro settimane di ferie di base, ma solo l’eccedenza rispetto alle quattro settimane (nel caso delle TLC, 3 giorni su 23 totali)
vedi anche modifiche collegato al lavoro (D.L.8 aprile 2003, n. 66)
Inoltre l’impianto introdotto dai Decreti citati può essere modificato in deroga dal CCNL 2013 TLC che restringe, all’art. 31 comma 4, il termine di proroga oltre il 31 Dicembre a:
- 6 mesi, se la mancata fruizione nei termini è causata da necessità aziendali
- 2 mesi, se richiesto e motivato dal lavoratore
Osserviamo che, al comma 10 del medesimo articolo, si parla della possibilità di interrompere le ferie con la malattia solo se documentata da ricovero ospedaliero. Ovvero: . “Il decorso delle ferie resta interrotto qualora sia sopraggiunta una malattia o un infortunio che abbiano determinato il ricovero in ospedale o in casa di cura ovvero che abbiano effettivamente determinato un pregiudizio al recupero psicofisico regolarmente prescritto della durata di almeno cinque giorni.” In realtà tale limitazione già al tempo della stesura del CCNL (Giugno 2000) era invalidata dalla Circolare INPS del 17 Maggio 1999 che, appoggiandosi ad una sentenza di Cassazione dell’anno prima (Sentenza SS.UU. Cassazione n. 1947 del 23 febbraio 1998), stabilisce:
“La malattia insorta durante le ferie ne sospende il decorso salvo che il datore di lavoro provi che la stessa risulta in concreto compatibile con le finalità delle ferie. L’effetto sospensivo in questione si produce, agli effetti previdenziali, dalla data in cui il datore di lavoro ha ricevuto da parte del lavoratore la comunicazione dello stato di malattia, ferma restando l’indennizzo delle sole giornate documentate nei modi e nei termini di legge.”
Per concludere questa sezione, diciamo che l’intero impianto normativo esistente ad oggi è riassunto nella Circolare n.8 del 3 Marzo 2005 Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (Richiamo 5)
GIURISPRUDENZA
La giurisprudenza in materia precisa alcuni termini a favore dei lavoratori. Ovvero è utile tenere presente la sentenza della Cass. Sez. Lav. n. 13980 24/10/2000 (Pres. Trezza, Rel. GIannantonio) (Richiamo 6) che in merito alle modalità di fruizione delle ferie afferma testualmente:
“In sostanza l’imprenditore deve organizzare il periodo delle ferie in modo utile per le esigenze dell’impresa, ma non ingiustificatamente vessatorio nei confronti del lavoratore e dimentico delle legittime esigenze di questi.”
E poi:
“Il potere discrezionale del datore di lavoro è, inoltre, limitato da norme inderogabili come, ad esempio, quella per la quale l’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie (terzo comma dell’art. 2109 del codice civile) e quella per la quale le ferie devono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente (ex art. 2109, secondo comma, del codice civile)”
dove questa ultima parte dell’art. 2109 è superata ai sensi del recente D.Lgs 213/2004.
Ed infine:
“Deve concludersi che, una volta decorso l’anno di competenza, il datore di lavoro non possa più imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie e tantomeno possa stabilire il periodo nel quale deve goderle, ma è tenuto al risarcimento del danno.”
C’è stato un caso in Telecom sulla vicenda delle ferie forzate del 2 e 5 Gennaio 2004; ovvero la Sentenza di Reggio Calabria 21/6/2005 (Richiamo 7) dove, però, la conclusione a favore del lavoratore, che ha visto la restituzione delle ferie imposte, è causata in gran parte dalla superficialità della controparte nello svolgimento del processo: infatti non era stata addotta nessuna prova, neanche formale, circa la necessità del provvedimento di ferie obbligate; ugualmente non era stata presentata nessuna contestazione tempestiva al lavoratore che si era presentato ugualmente in servizio nelle giornate del 2 e 5 Gennaio. E’ quindi una sentenza da prendere con molta cautela.
RIASSUMENDO
Sono utili alla maturazione delle ferie:
- tutti i periodi di servizio prestati (la frazione di mese superiore a 15 giorni è considerata come mese intero)
- le assenze per malattia od infortunio
- l’assenza obbligatoria per maternità
- il congedo matrimoniale
- i permessi retribuiti.
Al contrario il periodo di ferie non matura per:
- le assenze facoltative per maternità
- i periodi di servizio militare sia di leva che di richiamo
- l’aspettativa senza assegni
- la sospensione dal lavoro per motivi congiunturali
- durante i periodi di Cassa Integrazioni Guadagni
Inoltre, ai sensi del D.lgs 213/04 e fatto salvo quanto stabilito dall’art 2109 CC circa il diritto di prelazione attribuito al datore di lavoro per l’attibuzione delle ferie, il periodo maturato nell’anno può essere diviso in tre parti:
- Primo periodo: 2 settimane di ferie da fruire entro l'anno di maturazione. Se richieste dal lavoratore possono essere consecutive; l'azienda è obbligata alla concessione, ed allo stesso tempo a farle fruire al lavoratore entro l'anno, in caso contrario potrebbe essere multata dal Ministero del Lavoro;
- Secondo periodo: altre 2 settimane da fruire entro i 18 mesi successivi all'anno di maturazione, fatte salve diverse disposizioni contrattuali;
- Terzo periodo: i giorni residui di ferie oltre le 4 settimane sono da fruire in accordo tra lavoratore ed azienda; possono anche essere monetizzabili, nel caso delle TLC trattasi di 3 giorni. (Nel nostro Prospetto di paga mensile, nel rispetto delle previsioni legislative e contrattuali, viene riporta la voce: Ferie, Ferie anno -1 , Ferie anno –2)
Ferie obbligatorie
- Il datore di lavoro è il soggetto che stabilisce prioritariamente il periodo di ferie anche se, ove dovesse verificarsi, deve dimostrare le necessità aziendali economico-organizzative che lo inducono a imporre al prestatore di lavoro un periodo di ferie diverso da quello richiesto.
- Il lavoratore per tutelarsi al meglio, deve, di sua iniziativa, presentare un proprio piano ferie per tutto l’anno di riferimento il prima possibile in modo da vanificare eventuali imposizioni tardive o addirittura contraddittorie provenienti dal datore di lavoro. E questo è veramente tutto quello che si può dire con certezza.
Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66
"Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro"
articolo 10 - Ferie annuali
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire condizioni di miglior favore.
2. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
3. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell'articolo 3, comma 2, i contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione.
Decreto Legislativo 19 luglio 2004, n. 213 (in G.U. n. 192 del 17 agosto 2004) “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, in materia di apparato sanzionatorio dell'orario di lavoro.”
Articolo 1. Modifiche al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66
1. Al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, sono apportate le seguenti modificazioni:
d) il comma 1 dell'articolo 10, è sostituito dal seguente: «1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all'articolo 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione.»;
Sanzioni
3. La violazione delle disposizioni previste dagli articoli 4, comma 2, 3 e 4, e 10, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa da 130 euro a 780 euro, per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione.
CCNL- Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per le Imprese Esercenti Servizi di Telecomunicazione – 1 febbraio 2013.
Art. 31 – Ferie
1. I lavoratori maturano per ogni anno di servizio un periodo di ferie con corresponsione della retribuzione, pari a quattro settimane corrispondenti a ventiquattro giorni lavorativi. Ogni settimana di ferie dovrà essere ragguagliata a sei giorni lavorativi. I lavoratori che maturano un’anzianità di servizio oltre dieci anni avranno diritto ad un giorno in più rispetto alla misura di cui al periodo precedente. In caso di distribuzione dell'orario di lavoro su cinque giorni, i giorni lavorativi fruiti come ferie sono computati per 1,2 ciascuno, sia agli effetti del computo del periodo di ferie che agli effetti della retribuzione relativa. I giorni festivi di cui all'art. 28 (Giorni festivi) che ricorrono nel periodo di godimento delle ferie non sono computabili come ferie. Le ferie hanno normalmente carattere continuativo. Nel fissare l’epoca sarà tenuto conto da parte dell’azienda, compatibilmente con le esigenze di servizio , degli eventuali desideri dei lavoratori. Eventuali periodi di chiusure collettive formeranno oggetto di un esame congiunto a livello aziendale ovvero di unità organizzativa interessata con le RSU.
2. Le ferie devono normalmente essere godute nel corso dell’anno di competenza. In ogni caso il periodo feriale deve essere goduto per un periodo non inferiore a due settimane consecutive su richiesta del lavoratore. In caso di motivate esigenze di carattere personale e compatibilmente con le esigenze produttive, potrà essere concessa la fruizione dei residui di ferie entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello di spettanza.
3. Il lavoratore che durante le ferie sia richiamato in servizio ha diritto al trattamento di trasferta per il solo periodo di viaggio e fruirà dei rimanenti giorni di ferie appena siano cessati i motivi che hanno determinato il richiamo oppure durante un nuovo periodo scelto dall’interessato, ma normalmente entro l’anno.
4. In caso di eccezionali esigenze di servizio che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell’anno ovvero in caso di impossibilità derivante da uno stato di malattia o infortunio, le eventuali ferie residue fino alle quattro settimane saranno fruite entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.
5. L’assegnazione delle ferie dovrà avvenire in modo che nei periodi di maggiore domanda di servizio l’aliquota di personale contemporaneamente in ferie in quelle aree di attività ove si verifichi tale maggiore domanda, risulti contenuta in relazione alle necessità di espletamento del servizio medesimo. A livello aziendale le Parti procederanno alla definizione per dette aree del numero massimo dei giorni di ferie concedibili in particolari periodi dell’anno.
6. Al lavoratore che all'epoca delle ferie non ha maturato il diritto all'intero periodo di ferie spetterà per ogni mese di servizio prestato un dodicesimo del periodo feriale di cui al primo comma. La frazione di mese superiore a quindici giorni sarà considerata a questi effetti come mese intero. Nei casi di assenze non valide agli effetti del servizio prestato, o di cessazione del rapporto di lavoro, nei confronti del lavoratore che abbia fruito delle ferie in misura maggiore a quelle spettanti, si provvederà al recupero della retribuzione corrispondente.
7. Il periodo di preavviso non può essere considerato periodo di ferie.
8. La risoluzione per qualsiasi motivo del rapporto di lavoro non provoca la decadenza del diritto alle ferie e, pertanto, in tale caso, al lavoratore spetterà il pagamento delle ferie residue maturate e non fruite.
9. Non possono essere concesse ferie per periodi inferiori alla giornata.
10. Il decorso delle ferie resta interrotto qualora sia sopraggiunta una malattia o un infortunio che abbiano determinato il ricovero in ospedale o in casa di cura ovvero che abbiano effettivamente determinato un pregiudizio al recupero psicofisico regolarmente prescritto della durata di almeno cinque giorni.
11. L’effetto sospensivo si determina a condizione che Il lavoratore assolva tempestivamente agli obblighi di comunicazione, di certificazione e di ogni altro adempimento previsto dalle norme vigenti anche ai fini dell’ espletamento della visita di controllo dello stato di infermità previsti dalla legge e dalle disposizioni contrattuali vigenti. Qualora non sia stato espressamente autorizzato a fruire in prosecuzione del periodo di ferie da recuperare, il lavoratore avrà l’obbligo di presentarsi in servizio al termine del 69 periodo di ferie precedentemente fissato, oppure al termine, se successivo, della malattia o dell’infortunio. In tal caso il lavoratore fruirà successivamente dei periodi di ferie da recuperare.
DIREZIONE CENTRALE DELLE PRESTAZIONI
COORDINAMENTO GENERALE MEDICO-LEGALE
Ai Dirigenti centrali e periferici
Ai Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali
Al Coordinatore generale Medico legale e Dirigenti Medici e, per conoscenza,
Al Presidente
Ai Consiglieri di Amministrazione
Al Presidente e ai membri del Consiglio di indirizzo e vigilanza
Ai Presidenti dei Comitati amministratori di fondi, gestioni e casse
Ai Presidenti dei Comitati regionali
Ai Presidenti dei Comitati provinciali
Roma, 17 maggio 1999
Circolare n. 109
OGGETTO: Malattia insorta durante i periodi di ferie. Sentenza SS.UU. Cassazione n. 1947 del 23 febbraio 1998.
SOMMARIO: La malattia insorta durante le ferie ne sospende il decorso salvo che il datore di lavoro provi che la stessa risulta in concreto compatibile con le finalità delle ferie. L’effetto sospensivo in questione si produce, agli effetti previdenziali, dalla data in cui il datore di lavoro ha ricevuto da parte del lavoratore la comunicazione dello stato di malattia, ferma restando l’indennizzabilità delle sole giornate documentate nei modi e nei termini di legge.
A) PREMESSA
Con circolare n. 11 del 9 gennaio 1991, in aderenza al principio secondo cui la malattia intervenuta durante le ferie può essere considerata causa di sospensione delle stesse, enunciato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 616 del 30 dicembre 1987, sono state fornite istruzioni in proposito, stabilendo, che, in assenza di diversa previsione contrattuale e fino alla emanazione di una specifica regolamentazione legislativa della materia, auspicata dalla predetta Corte, agli effetti dell'erogazione delle prestazioni economiche di malattia, sono idonee ad interrompere le ferie le infermità di durata superiore a tre giorni, sempre che abbiano comportato la necessità di ricovero, ovvero siano state tempestivamente ed adeguatamente notificate all'Istituto ed al datore di lavoro, nei modi e nei termini previsti.
Sulla questione, a seguito del contrasto di giurisprudenza sorto in seno alla stessa Sezione Lavoro della Corte di Cassazione circa l'ambito di applicazione del principio affermato dalla Corte Costituzionale, è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite che, con sentenza n. 1947 del 23.2.1998, ha definito le linee da seguire al riguardo.
Si impartiscono pertanto le seguenti istruzioni che modificano le indicazioni già fornite con la circolare n. 11/91 citata in premessa.
B) NUOVA REGOLAMENTAZIONE
1- Principi enunciati dalla Corte.
Come ora precisato dalla Corte, il principio dell'effetto sospensivo del decorso del periodo feriale in caso di malattia insorta durante lo stesso, non è assoluto, ma tollera talune eccezioni "per l'individuazione delle quali occorre avere riguardo alla specificità degli stati morbosi e delle cure di volta in volta considerate, al fine di accertare l'incompatibilità della malattia con la salvaguardia dell'essenziale funzione di riposo, recupero delle energie psico-fisiche e ricreazione propria delle ferie".
Occorre, dunque, fare riferimento ad una "specifica" nozione di malattia, non essendo possibile riportarsi al concetto di malattia "quale determinante una incapacità lavorativa" o utilizzare, in via analogica, le norme dettate per il pubblico impiego; né tantomeno, trattandosi di diritto costituzionalmente garantito, far ricorso alla regolamentazione negoziale delle parti.
Si tratta, in sostanza, conclude la sentenza, di accertare, di volta in volta, in relazione alla specifica situazione di cui è portatore il singolo lavoratore se lo stato di malattia possa essere ritenuto incompatibile con la funzione propria del periodo feriale.
Secondo la Corte stessa, poi, il lavoratore che, nel presupposto della incompatibilità della sopravvenuta malattia con le finalità delle ferie, intenda modificare il titolo della sua assenza da "ferie" a "malattia", ha soltanto l'onere di comunicare lo stato di malattia al proprio datore di lavoro; tale comunicazione è idonea di per sé a determinare -dalla data di conoscenza della stessa da parte del datore di lavoro- la conversione dell'assenza per ferie in assenza per malattia, salvo che il datore di lavoro medesimo provi, attraverso i previsti controlli sanitari, l'infondatezza del suddetto presupposto e quindi l'inidoneità della malattia ad impedire la prosecuzione del periodo feriale.
2- Disposizioni applicative
2.1 Decorrenza della malattia che interrompe le ferie.
In base all'anzidetto principio, qualora il datore di lavoro riconosca, autonomamente ovvero (vds. in appresso) a seguito di specifico accertamento sanitario -da richiedere all'INPS o alla ASL, come di consueto-, l'effetto sospensivo della malattia sulle ferie, la data di inizio dell'evento, anche ai fini previdenziali, è quella del ricevimento da parte del datore di lavoro stesso della comunicazione (effettuata a mezzo telefono, telegramma, certificato, ecc.) dell'intervenuto stato di malattia.
Allo scopo i datori di lavoro dovranno in linea generale (pure, cioè, in assenza di richieste di controlli) comunicare tempestivamente all'INPS -ovviamente per i soli lavoratori aventi diritto all'indennità di malattia- la data in questione.
Detta data sarà di conseguenza presa a riferimento ai fini del computo della carenza e del 21° giorno da cui è elevata la misura dell'indennità, tenendo presente che gli eventuali giorni che precedono la data di ricezione, da parte del datore di lavoro, della comunicazione di malattia (data che può non coincidere con quella di ricezione della certificazione), seppure compresi nel periodo certificato non sono imputabili a "malattia" bensì a "ferie" e quindi non dovranno essere neppure conteggiati nel periodo massimo indennizzabile.
Per identificare in procedura la suddetta particolare data, sarà utilizzato anche se nell'ipotesi non trattasi di vera e propria sanzione, il sistema delle "sanzioni particolari" evidenziando opportunamente il periodo da considerare come "ferie" e contrassegnandolo con il codice I ("malattia durante le ferie").
Ciò permetterà di qualificare esattamente la fattispecie e di consentire quindi che l'evento sia considerato iniziato a tutti gli effetti, compresa la carenza e il massimo indennizzabile, a partire dalla data successiva ai giorni "trattenuti", e di emettere la comunicazione a stampa (all. 12 alla circolare n. 48/93) "di non idoneità della malattia ad interrompere le ferie".
Fermo restando quanto sopra precisato in ordine al momento iniziale dell'evento, agli effetti erogativi il pagamento della indennità resta comunque subordinato all'osservanza, da parte del lavoratore, di tutte le disposizioni vigenti nella materia in tema di documentazione dello stato di malattia e di invio della relativa certificazione, di reperibilità durante le fasce orarie e di comunicazione del temporaneo recapito, eventualmente diverso da quello abituale.
Come del resto arguibile dalle argomentazioni della Corte, trattasi, infatti, di aspetti diversi che possono coesistere nella fattispecie.
3- Controlli sanitari
3.1 Generalità
Il datore di lavoro che intenda verificare l'effettiva incompatibilità della malattia con le ferie dovrà precisare espressamente, all'atto della richiesta del controllo, che si tratta di lavoratore ammalatosi durante un periodo di ferie per il quale è chiesto di accertare le condizioni per l'interruzione delle ferie stesse, a partire da una data da indicare, che coincide con quella di ricezione della comunicazione dello stato di malattia.
Avuto riguardo alla nuova indicazione della Cassazione, secondo la quale, come detto, il datore di lavoro ha il potere di attivare controlli per provare l'inesistenza o l'irrilevanza della malattia a determinare l'interruzione del periodo feriale, la mancata verifica per fatto imputabile al lavoratore che faccia seguito a controlli richiesti dal datore di lavoro preclude la possibilità di considerare la malattia denunciata come interruttiva delle ferie.
Nel caso di controlli di ufficio, qualora il datore di lavoro riconosca (autonomamente oppure a seguito di specifica, diversa visita di controllo) l'effetto sospensivo in questione, le assenze rilevate saranno sanzionabili solo per il periodo qualificabile ai fini previdenziali come malattia, e cioè, come detto, per il periodo che si colloca dal momento in cui esplica efficacia l'effetto sospensivo delle ferie (giorno di ricezione, da parte del datore di lavoro, della comunicazione dello stato di malattia).
3.2 Aspetti sanitari.
La particolare finalità del controllo dovrà essere opportunamente evidenziata dalle Sedi al medico incaricato in vista dell'accertamento della compatibilità o meno della malattia con il riposo annuale.
Dovrà essere precisato ai medici di controllo che i due aspetti dell'incapacità temporanea assoluta al godimento delle ferie e dell'incapacità al solo svolgimento dell'attività lavorativa specifica non sono coincidenti tra loro; infatti, secondo la sentenza, è il grado di compromissione che la malattia ha sulle funzioni che permettono all'individuo di estrinsecarsi nella vita sociale e individuale, che concretizza di fatto l'impossibilità al godimento delle ferie e di conseguenza rende indennizzabile il periodo di malattia.
Pertanto l'idoneità della malattia ad interrompere le ferie va valutata rapportandola al cosiddetto danno biologico, del quale la capacità lavorativa specifica è solo una estrinsecazione e che, da sola, non è sufficiente a definire la reale incidenza sulla facoltà di svolgere attività ricreativa. Non emerge chiaramente dalla sentenza in che percentuale deve essere presente il danno biologico per limitare il godimento delle ferie; viene, quindi, lasciata aperta la possibilità che il godimento delle ferie possa essere compromesso sia in presenza di una incapacità temporanea assoluta a svolgere qualsiasi attività, sia in presenza di una incapacità temporanea parziale come avviene quando ci si trovi a valutare la incapacità temporanea assoluta al lavoro specifico.
Lo stato di incapacità temporanea assoluta al lavoro specifico non sempre quindi è idoneo all'interruzione del periodo feriale, ma solo quando, incidendo sulla sfera biologica dell'individuo, contestualmente, diventi causa di un parziale, ma sostanziale e apprezzabile, pregiudizio alle finalità dell'istituto delle ferie, cioè al ristoro e al reintegro delle energie psicofisiche.
In altri termini la sentenza in oggetto vuole tutelare il lavoratore nella capacità di raggiungere un recupero psicofisico, mediante la possibilità di svolgere quelle attività ricreative e di riposo che sono alla base dell'istituto delle ferie, ma che non necessariamente devono discendere dalla valutazione della incapacità lavorativa specifica. Da qui nasce la necessità di separare le due valutazioni tenendo presente che l'istituto delle ferie in quanto tale, essendo finalizzato al recupero psicofisico, alla funzione di riposo, alla attività ricreativa, di fatto prescinde dal solo riconoscimento della incapacità a svolgere il proprio lavoro specifico.
Pertanto, a puro titolo semplificativo, si può affermare che laddove è presente una inabilità temporanea assoluta generica, come si può verificare in seguito ad elevati stati febbrili, ricoveri ospedalieri, ingessature di grandi articolazioni, malattie gravi di apparati e organi ecc., viene di regola inibita la possibilità di godimento delle ferie, mentre nel caso di inabilità temporanea assoluta al lavoro specifico si possono riscontrare due possibilità:
- la prima quando la menomazione funzionale, ancorché importante per lo svolgimento del lavoro specifico, ha riflessi marginali sul ristoro proprio delle ferie e pertanto non risulterà idonea a interromperle (come nei casi di cefalea, stress psicofisico. sindromi ansioso depressive reattive all'ambiente di lavoro e in genere quelle patologie che spesso trovano nelle attività ludico ricreative un valido sostegno alla risoluzione della sintomatologia);
- la seconda quando la stessa menomazione funzionale, producendo un sostanziale e apprezzabile pregiudizio alle funzioni biologiche preposte al ristoro e al reintegro delle energie psicofisiche, influenza negativamente il godimento delle ferie e risulta pertanto idonea ad interromperle.
Il giudizio sulla idoneità o meno della malattia ad interrompere le ferie sarà esposto dal medico sul referto, il cui tracciato sarà adeguato secondo il facsimile Richiamo, in cui è stata inserita, sotto il "logo", una casella, da barrare a cura della Sede che compila il referto, qualora sia richiesto al medico anche il giudizio sulla compatibilità o meno della malattia agli effetti interruttivi delle ferie; tale valutazione medico-legale, inserita sul modulo dopo il punto 2 del quadro A), sarà espressa dal medico contrassegnando la specifica casella. In attesa della ristampa del modulo, qualora sia da richiedere la valutazione suddetta, tale ultimo dato (e cioè il solo quesito medico-legale e le relative caselle di risposta) sarà riportato su una parte in bianco del modulo attualmente in uso, anche a mezzo timbro, assicurando comunque in tale ultimo caso un posizionamento consimile su tutti i fogli del modulo, in modo tale che non risulti equivoca su quelli a ricalco la barratura della casella da parte del medico.
IL DIRETTORE GENERALE
TRIZZINO
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
CIRCOLARE N. 8 del 3 marzo 2005
Oggetto: Disciplina di alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro
(D.Lgs. n. 66/2003; D.Lgs. n. 213/2004).
16. Ferie annuali
La disciplina in materia di ferie è, innanzitutto, regolata dall'art. 36, comma 3, della Costituzione, che tutela il diritto del lavoratore ad un periodo di ferie annuali retribuite cui non può rinunciare.
L'art. 2109, comma 2, del Codice Civile dispone poi che la durata delle ferie è fissata dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi e secondo equità; che il momento di godimento delle ferie è stabilita dal datore di lavoro che deve tenere conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del lavoratore; che il periodo feriale deve essere possibilmente continuativo; che il periodo feriale deve essere retribuito.
Oltre a quanto sopra indicato la Convenzione OIL n. 132 del 24 giugno 1970 (ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 157) prevede un periodo di ferie minimo di tre settimane di cui due da godere ininterrottamente.
Inoltre, dispone che la fruizione del periodo bisettimanale "dovrà essere accordata e usufruita entro il termine di un anno al massimo, e il resto del congedo annuale pagato entro il termine di diciotto mesi, al massimo, a partire dalla fine dell'anno che dà diritto al congedo". Inoltre, "ogni parte di congedo annuale che superi un minimo stabilito potrà, con il consenso della persona impiegata interessata, essere rinviata, per un periodo limitato, oltre i limiti indicati" in precedenza.
La Corte costituzionale, con sentenza 19 dicembre 1990, n. 543, ha, fra l'altro, affermato che il godimento infra-annuale dell'intero periodo di ferie deve essere contemperato con le esigenze di servizio che hanno carattere di eccezionalità o comunque con esigenze aziendali serie.
In questo quadro normativo si è inserito il decreto legislativo 66 del 2003 che ha disposto che "il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane".
Quindi, nel caso di fruizione di un periodo feriale consecutivo di quattro settimane, tale periodo equivale a 28 giorni di calendario.
Con il decreto legislativo n. 66 del 2003 è stata introdotto per la prima volta in Italia, in modo espresso, il divieto di monetizzare il periodo di ferie corrispondente alle quattro settimane previste dalla legge, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dell'anno. Per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, di durata inferiore all'anno, è quindi sempre ammissibile la monetizzazione delle ferie.
L'impossibilità di sostituire il godimento delle ferie con la corresponsione dell'indennità sostitutiva è operante per la quota di ferie maturata a partire dal giorno dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 66 del 2003, ossia dal 29 aprile 2003.
Nei casi di sospensione del rapporto di lavoro che rendano impossibile fruire delle ferie secondo il principio della infra-annualità, le stesse dovranno essere godute nel rispetto del principio dettato dall'art. 2109 cod civ, espressamente richiamato nell'art. 10 del decreto legislativo n. 66 del 2003, ossia "nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro".
Il legislatore delegato ha, ora, dettato una specifica disciplina sul punto, in forza della quale si possono distinguere 3 periodi di ferie.
Un primo periodo, di almeno due settimane, da fruirsi in modo ininterrotto nel corso dell'anno di maturazione, su richiesta del lavoratore. La richiesta del lavoratore dovrà essere inquadrata nel rispetto dei principi dell'art. 2109 del Codice Civile. Pertanto, anche in assenza di norme contrattuali, dovrà essere formulata tempestivamente, in modo che l'imprenditore possa operare il corretto contemperamento tra le esigenze dell'impresa e gli interessi del prestatore di lavoro.
La contrattazione collettiva e la specifica disciplina per le categorie di cui all'articolo 2 comma 2 possono disporre diversamente. Allo scadere di tale termine, se il lavoratore non ha goduto del periodo feriale di due settimane, il datore sarà passibile di sanzione.
Il periodo cui si riferisce la violazione è quello di due settimane. sarà sufficiente che il lavoratore non abbia goduto anche solo di una parte di detto periodo perché il datore di lavoro sia considerato soggetto alla sanzione indicata, anche nelle ipotesi in cui il godimento di detto congedo annuale sia in corso di godimento in quanto il periodo deve essere fruito nel corso dell'anno di maturazione e non oltre il termine di esso.
Un secondo periodo, di due settimane, da fruirsi anche in modo frazionato ma entro 18 mesi dal termine dell'anno di maturazione, salvi i più ampi periodi di differimento stabiliti dalla contrattazione collettiva. Nell'ipotesi in cui la contrattazione stabilisca termini meno ampi per la fruizione di tale periodo (ad esempio nel settore del pubblico impiego ove il termine è di 6 mesi) il superamento di questi ultimi, quando sia comunque rispettoso del termine dei 18 mesi, determinerà una violazione esclusivamente contrattuale.
Un terzo periodo, superiore al minimo di 4 settimane stabilito dal decreto, potrà essere fruito anche in modo frazionato ma entro il termine stabilito dall'autonomia privata dal momento della maturazione. Questo ultimo periodo può essere monetizzato tenendo conto, per il settore del pubblico impiego, delle previsioni dettate al riguardo.
17. Violazioni in materia di concessione delle ferie
L'articolo 10 del decreto legislativo n. 66 del 2003, come modificato dal decreto legislativo n. 213 del 2004, stabilisce che "fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice Civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all'articolo 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione".
La violazione di tale disposizione è punita con la sanzione amministrativa da € 130,00 a 780,00 per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione.
La disposizione introduce pertanto i seguenti precetti:
1) obbligo di concedere un periodo di ferie di due settimane nel corso dell'anno di maturazione;
2) obbligo di concedere due settimane consecutive di ferie, se richiesto dal lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione; la richiesta del lavoratore dovrà intervenire nel rispetto dei principi dell'art. 2109 del Codice Civile pertanto, anche in assenza di norme contrattuali sul punto, dovrà essere formulata tempestivamente, in modo che l'imprenditore possa operare il corretto contemperamento tra le esigenze dell'impresa e gli interessi del prestatore di lavoro;
3) fruizione del restante periodo minimo di due settimane nei 18 mesi successivi all'anno di maturazione.
La normativa attribuisce il diritto al riconoscimento di un periodo di ferie di quattro settimane ma, indipendentemente dalla previsione, la contrattazione collettiva può ampliare tale periodo, ferma restando ovviamente la sanzionabilità esclusivamente per la violazione del minimo previsto dalla legge (quattro settimane).
Ugualmente la contrattazione collettiva può prevedere un termine massimo di fruizione del periodo di ferie minore da quello individuato dal Legislatore (18 mesi successivi all'anno di maturazione), ferma restando la punibilità della sola violazione di legge.
Va inoltre rilevato che, in considerazione della dizione che fa esplicito riferimento alle sole "restanti due settimane", gli ulteriori giorni di ferie spettanti eccedenti le quattro settimane – previsti dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale – possono essere fruiti anche successivamente ai 18 mesi dalla loro maturazione e possono essere oggetto di monetizzazione, salvo eventuali specifiche previsioni di legge o di contrattazione collettiva.
Va infine evidenziato, quanto alle modalità di fruizione delle ferie, che la previsione normativa stabilisce la possibilità di un intervento in deroga da parte della contrattazione collettiva. Da ciò deriva, la possibilità per le parti sociali di introdurre una disciplina modificativa che, sotto un profilo sanzionatorio, dia luogo ad una serie di esimenti che determinano la non punibilità della condotta quando la stessa, pur derogando alle disposizioni di legge, sia conforme alla previsione contrattuale.
Nei casi di sospensione del rapporto di lavoro che rendano impossibile fruire delle ferie secondo il principio della infra-annualità, le stesse dovranno essere godute nel rispetto del principio dettato dall'art. 2109 del Codice Civile, espressamente richiamato nell'art. 10 del decreto legislativo n. 66 del 2003, ossia "nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro": dunque si dovrà evitare ogni applicazione "automatica" del principio della infra annualità laddove ciò risulti impossibile o troppo gravoso per l'organizzazione aziendale. Di conseguenza, anche sotto il profilo sanzionatorio, occorrerà valutare con attenzione ed equilibrio ogni singola situazione.
Anche per tali fattispecie si ribadisce l'operatività dell'apparato sanzionatorio nei confronti del personale di cui all'art. 17, comma 5, del decreto legislativo n. 66 del 2003.
Per tale violazione non trova applicazione l'istituto della diffida di cui all'art. 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004.
ESTRATTO
L’AZIENDA NON PUO’ DILAZIONARE LA FRUIZIONE DELLE FERIE OLTRE L’ANNO DI COMPETENZA E IMPORRE SUCCESSIVAMENTE AL LAVORATORE DI SMALTIRE L’ARRETRATO
Se il periodo di riposo previsto dal contratto non viene tempestivamente concesso, il dipendente ha diritto al risarcimento (Cassazione Sezione Lavoro n. 13980 del 24 ottobre 2000, Pres. Trezza, Rel. Giannantonio). G.V., dipendente dell’Ansaldo Industria S.p.A., con qualifica di quadro, ha accumulato, in vari anni di lavoro, un notevole arretrato di ferie non godute. Nel 1995 l’azienda gli ha imposto il recupero dell’arretrato, collocandolo in ferie, nonostante le sue rimostranze, dal 22 febbraio al 28 aprile e dal 18 settembre al 17 dicembre. G.V. ha chiesto al Pretore di Genova di dichiarare illegittimo il suo collocamento in ferie per decisione unilaterale dell’azienda e di condannare l’Ansaldo a ricostituire il suo monte ferie arretrate, senza tener conto dell’astensione dal lavoro impostagli. L’azienda si è difesa sostenendo che il collocamento del lavoratore in ferie per recupero degli arretrati doveva ritenersi giustificato dalla crisi economica del settore. La domanda del lavoratore è stata rigettata dal Pretore ed accolta invece, in grado di appello, dal Tribunale di Genova, che ha dichiarato l’illegittimità del collocamento in ferie. L’azienda ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo di avere legittimamente esercitato i suoi poteri organizzativi. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 13980 del 24 ottobre 2000, Pres. Trezza, Rel. Giannantonio) ha rigettato il ricorso. La Corte ha ricordato che, in base all’articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto, dopo un anno d’ininterrotto servizio, a un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. Questa norma – ha affermato la Corte - attribuisce al datore di lavoro un potere di natura discrezionale che non è del tutto arbitrario e privo di vincoli, ma deve tenere conto anche degli interessi del prestatore di lavoro; in sostanza l’imprenditore deve organizzare il periodo di ferie in modo utile per le esigenze dell’impresa, ma non ingiustificatamente vessatorio nei confronti del lavoratore e dimentico delle legittime esigenze di questi. Il potere discrezionale del datore di lavoro è, inoltre, limitato – ha osservato la Corte - da norme inderogabili come, ad esempio, quella per la quale l’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie (terzo comma dell’art. 2109 del codice civile) e quella per la quale le ferie devono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente (ex art. 2109, secondo comma, del codice civile); la ragione di quest’ultima norma dipende dalla funzione propria delle ferie annuali che è quella di assicurare il recupero delle energie fisiche e psichiche da parte del lavoratore. Questa funzione sarebbe compromessa se non avvenisse con periodicità almeno annuale, come è stato affermato espressamente dalla Corte Costituzionale quando ha dichiarato illegittimo il penultimo comma dell’art. 22 Richiamo a) del regio decreto 8 gennaio 1931 n. 148, nella parte in cui prevedeva che l’autoferrotranviere potesse non fruire delle ferie nel corso dell’anno lavorativo (sentenza 19 dicembre 1990 n. 543). Pertanto – ha concluso la Cassazione – deve ritenersi che, una volta decorso l’anno di competenza, il datore di lavoro non possa più imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie e tantomeno possa stabilire il periodo nel quale deve goderle, ma sia tenuto al risarcimento del danno.
TESTO INTEGRALE
L’AZIENDA NON PUO’ DILAZIONARE LA FRUIZIONE DELLE FERIE OLTRE L’ANNO DI COMPETENZA E IMPORRE SUCCESSIVAMENTE AL LAVORATORE DI SMALTIRE L’ARRETRATO
Se il periodo di riposo previsto dal contratto non viene tempestivamente concesso, il dipendente ha diritto al risarcimento (Cassazione Sezione Lavoro n. 13980 del 24 ottobre 2000, Pres. Trezza, Rel. Giannantonio).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo TREZZA Presidente
Dott. Ettore Raffaele GIANNANTONIO Rel. Consigliere
Dott. Federico ROSELLI Consigliere
Dott. Maura LA TERZA Consigliere
Dott. Giovanni MAMMONE Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA Sul ricorso proposto da: ANSALDO INDUSTRIA SPA IN LIQUIDAZIONE, nonché della ANSALDO MONTAGGI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo Studio dell’avvocato MARAZZA MAURIZIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARDILLO CARLO, giusta delega in atti; ricorrenti - CONTROV. G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA 195, rappresentato e difeso dall’avvocato VACIRCA SERGIO, giusta delega in atti; controricorrente – avverso la sentenza n. 2679/97 del Tribunale di GENOVA, depositata il 25/09/97; R.G.N. 3665/97;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2000 dal Consigliere Dott. Ettore Raffaele GIANNANTONIO; udito l’Avvocato CARDILLO; udito l’Avvocato VACIRCA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Francesco MELE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato il 27 ottobre 1995 il Dott. G. V. conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Genova, quale giudice del lavoro, la Ansaldo Industria S.p.A. e l’Ansaldo montaggi s.r.l., in persona dei loro legali rappresentanti pro-tempore. Esponeva, tra l’altro, di essere stato preposto, fino al novembre del 1994, al settore montaggi esterni della Ansaldo industria S.p.A. con la qualifica di quadro; che dal 22 febbraio al 28 aprile 1995 era stato posto unilateralmente in ferie dalla società convenuta per il parziale recupero delle numerose ferie non godute negli anni precedenti, nonostante le sue rimostranze per il periodo scelto; che in data 11 settembre 1995 gli era stata recapitata una comunicazione interna con la quale la società disponeva un nuovo periodo forzoso di ferie in attesa della definizione della sua posizione. Assumeva che il potere di fissazione unilaterale del periodo delle ferie da parte della società era stato illegittimamente esercitato. Chiedeva che fosse dichiarata illegittima la messa in ferie dal 18 settembre al 17 dicembre 1995 unilateralmente disposta dall’Ansaldo Industria S.p.A., con ogni conseguenza in termini di qualificazione giuridica e trattamento economico e normativo nel relativo periodo di astensione lavorativa; che, di conseguenza, fossero condannate l’Ansaldo Industria S.p.A. e l’Ansaldo montaggi s.r.l., in solido tra loro, a ricostituire il monte ferie arretrate del dott. G. V., senza tenere conto dell’astensione lavorativa predetta. Costituitesi in giudizio le società convenute ed espletata l’istruttoria, con sentenza depositata il 1° marzo 1997, il Pretore respingeva la domanda del V. per quanto riguardava la questione delle ferie. La decisione del Pretore è stata riformata dal Tribunale di Genova che, con sentenza depositata il 25 settembre 1997, ha dichiarato illegittima la unilaterale messa in ferie del V. da parte dell’Ansaldo dal 18 settembre al 17 dicembre 1995.Avverso la decisione propongono ricorso, articolato in due motivi, sia la Ansaldo industria in liquidazione S.p.A., sia la Ansaldo montaggi s.r.l. Il dott. V. resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le società ricorrenti denunziano la violazione degli articoli 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonché il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Lamentano che il dott. V. non abbia dimostrato che la società da cui dipendeva avesse rifiutato il godimento delle ferie nei relativi anni di competenza. Con il secondo motivo le società ricorrenti denunziano le violazioni degli articoli 1362 e seguenti del codice civile in materia di interpretazione dei contratti collettivi, e degli articoli 2109 e 2186 c.c., nonché il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Lamentano che il Tribunale di Genova abbia ritenuto che il collocamento forzoso in ferie del dipendente non può essere giustificato da situazioni di crisi del settore economico in cui opera l’impresa del datore di lavoro; e che non abbia tenuto presente che il potere del datore di lavoro di fissare unilateralmente il periodo di ferie deve contemperare le esigenze delle imprese con quelle del prestatore di lavoro. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e debbono essere dichiarati infondati. Come è noto, il secondo comma dell’articolo 1209 del codice civile dispone che il prestatore di lavoro ha diritto, dopo un anno d’ininterrotto servizio, a un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto dell’esigenza dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La norma attribuisce al datore di lavoro un potere di natura discrezionale che non è del tutto arbitrario e privo di vincoli, ma deve tenere conto anche degli interessi del prestatore di lavoro. In sostanza l’imprenditore deve organizzare il periodo delle ferie in modo utile per le esigenze dell’impresa, ma non ingiustificatamente vessatorio nei confronti del lavoratore e dimentico delle legittime esigenze di questi. Il potere discrezionale del datore di lavoro è, inoltre, limitato da norme inderogabili come, ad esempio, quella per la quale l’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie (terzo comma dell’art. 1209 del codice civile) e quella per la quale le ferie devono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente (ex art. 2109, secondo comma, del codice civile).La ragione di quest’ultima norma dipende dalla funzione propria delle ferie annuali che è quella di assicurare il recupero delle energie fisiche e psichiche da parte del lavoratore; funzione che sarebbe compromessa se non avvenisse con periodicità almeno annuale e che è stata affermata espressamente dalla Corte Costituzionale quando ha dichiarato illegittimo il penultimo comma dell’art. 22 Richiamo a) del regio decreto 8 gennaio 1931 n. 148, nella parte in cui prevedeva che l’autoferrotranviere potesse non fruire delle ferie nel corso dell’anno lavorativo (Corte Costituzionale 19 dicembre 1990 n. 543).Deve concludersi che, una volta decorso l’anno di competenza, il datore di lavoro non possa più imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie e tantomeno possa stabilire il periodo nel quale deve goderle, ma è tenuto al risarcimento del danno. Nel caso in esame il datore di lavoro ha imposto al dott. V. di recuperare in un periodo determinato del 1995 le ferie non godute negli anni precedenti. E’ evidente, quindi, che il datore di lavoro ha violato i diritti del lavoratore, in quanto gli ha impedito di godere delle ferie nell’anno di riferimento ed ha malamente esercitato il suo potere di fissazione del periodo delle ferie nell’anno successivo. D’altra parte il primo motivo del ricorso non può essere accolto, in quanto la prova del godimento delle ferie da parte del lavoratore deve essere fornita, in base ai principi generali dell’onere probatorio, dal datore di lavoro; questi, nel caso, non soltanto non ha fornito la prova richiesta, ma in sostanza non ha neppure affermato che il lavoratore avesse goduto delle ferie negli anni precedenti e si è semplicemente limitato a richiedere la prova del rifiuto del godimento da parte del lavoratore. Per quanto riguarda il secondo motivo del ricorso non è esatto dire, come afferma il ricorrente, che il Tribunale avrebbe negato qualsiasi rilevanza allo stato di crisi dell’azienda. In realtà il Tribunale ha affermato che il datore di lavoro non poteva esercitare il suo potere di fissazione del periodo delle ferie oltre l’anno di riferimento e che, a tal fine, non aveva alcuna rilevanza la situazione di crisi dell’azienda. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. La società ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, spese che si liquidano come in dispositivo, e al pagamento degli onorari di avvocato, che si liquidano in favore del dott. G. V. nella somma di lire 3.000.000.P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e condanna le società ricorrenti, l’Ansaldo Industria in liquidazione S.p.A., in persona del suo liquidatore, e l’Ansaldo montaggi s.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a pagare al dott. G. V. le spese di questo giudizio di legittimità, spese che si liquidano in lire 23.000 e al pagamento degli onorari di avvocato che si liquidano in lire 3.000.000.Così deciso in Roma, 13 giugno 2000F.to Il Presidente F.to il Consigliere EstensoreF.to il Collaboratore di Cancelleria Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2000
TRIBUNALE di REGGIO CALABRIASEZIONE LAVOROREPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Dispositivo di sentenza
II Giudice del lavoro di Reggio Calabria dott. Arturo D'Ingianna pronunziando all'udienza del 21.6.2005 nel proc. 9/05 rgac sul ricorso depositato il_l4.1.2005 nella causa vertente tra L. D. (difeso da avv. P. Mina) nei confronti di TELECOM ITALIA spa (difesa da avv. A. Maresca, E. Morsico, R. Romei e F. R. Boccia) ha emesso e dato lettura del seguente dispositivo, così provvedendo: "Dichiara illegittimo il comportamento della società di collocare in ferie il ricorrente per i giorni 2 e 5 gennaio 2004 e per l'effetto ordina alla Telecom Italia spa di attribuire in conto anno 2004 due giorni di ferie non fruiti. Condanna parte resistente al pagamento alla ricorrente delle spese del giudizio che liquida complessivamente in EURO 900,00 di cui EURO 700,00 per onorari, EURO 200,00 per diritti oltre alle spese forfetarie al 12,5 %, nonché iva e cpa se dovute, con distrazione a favore del procuratore di parte ricorrente dichiaratesi anti statario Avv. Piero Mina.
Reggio Calabria 21.6.2005
II Giudice Dott. Arturo D'Ingianna
Proc n.9/ 05 rgac...TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA sezione lavoro
MOTIVI CONTESTUALI DELLA DECISIONE
Con ricorso L. D. conveniva in giudizio la Telecom Italia spa chiedendo di dichiarare illegittimo il comportamento della società di disporre unilateralmente che i giorni 2 e 5 del gennaio 2004, lavorati, venissero imputati a giorni di ferie; ordinare alla Telecom di attribuire due giorni di ferie anno 2004 (o successivi) a compensazione o, in alternativa, condannare al pagamento dell'indennità corrispettiva per i due giorni di ferie non goduti, calcolata nella misura del ccnl. Premetteva di essere dipendente della società; che l'azienda aveva comunicato che i giorni 2 e 5 gennaio 2004 erano da considerare ferie da imputarsi al residuo anno 2003 o, in mancanza, al 2004; che detta decisione era arbitraria ed in contrasto con la volontà del ricorrente ed in violazione dell'art 31 ccnl che prevedeva che le ferie concordassero con le esigenze dell'Azienda e tenendo conto del desiderio del lavoratori; che non aveva prestato il consenso e ciò vanificava anche la reintegrazione delle energie psicofisiche; che non era ravvisabile alcuna ragione tecnica alla base del provvedimento; che l'anticipo delle ferie dell'anno 2004 era illegittima ed in violazione dell'art 31, comma 6 ccnl. In giudizio, all'odierna udienza si costituiva la società Telecom Italia spa, contestando sotto vari profili la domanda. Veniva sentito il ricorrente il quale confermava di aver lavorato nelle giornate del 2 e 5 gennaio 2004 e confermava di non essere stato preventivamente sentito per la fruizione delle ferie. Rimessa la causa in decisione, la domanda merita accoglimento. Rileva il giudicante che dal testo del, contratto collettivo emerge che il datore si era impegnato nell'art 31 disponendo che:
L'epoca delle ferie sarà stabilita dall'azienda, tenendo conto del desiderio dei lavoratori, compatibilmente con le esigenze di servizio.
Dalla detta norma dunque emerge, in sostanza, che senza il consenso del lavoratore la fissazione del periodo di ferie deve essere giustificato da esigenze improcrastinabili tali da non potere conciliare l'interesse del lavoratore. Nel caso di specie il ricorrente lamenta di non essere stato consenziente e né che sussistevano esigenze. Sul punto la società si è costituita tardivamente, e posto che le affermazioni in fatto circa le esigenze giustificative e dei giorni non lavorati sono risultate contestate dal ricorrente, la prova sugli stessi non appare ammissibile essendo decaduta e dunque i fatti restano non provati né utilizzabili per la decisione. Anche sulla preventiva procedura secondo cui occorreva tener conto dei desideri del ricorrente nulla ha addotto né provato sicché la decisione di collocare in ferie il ricorrente risulta in violazione della procedura prevista dalla contrattazione collettiva (va precisato che la norma contrattuale non è stata minimamente contestata dalla Telecom spa).Pertanto pur avendo l'onere, la società non ha ritualmente provato le ragioni per cui non aveva tenuto conto dei desideri del ricorrente e dunque va ritenuta illegittima la collocazione in ferie. Va precisato che nessun elemento la società ha offerto per contrastare le risultanze del registro presenze sicché appare provata dal lavoratore (v. fogli presenza) la presenza in servizio nei giorni 2 e 5 gennaio 2004.Neppure risulta contestato che le ferie fossero state imputate all'anno 2004. La domanda va dunque accolta e ritenuto illegittimo il comportamento della società di collocare in ferie il ricorrente per i giorni 2 e 5 gennaio 2004, va dunque ordinato alla Telecom Italia spa di attribuire in conto anno 2004 due giorni di ferie non fruiti. Le spese del giudizio seguono la soccombenza...e sono poste a carico della parte resistente
Reggio Calabria, 21.6.2005.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL GIUDICE DEL LAVORO
2 1 GIU. 2005 Dott. Arturo D’Ingianna
IL CANCELLIRE • P.E. CI