Bilancio consolidato del Gruppo Telecom Italia 2014
Nota 24
Debiti commerciali, vari e altre passività correnti
Diminuiscono, rispetto al 31 dicembre 2013, di 273 milioni di euro, e sono così composti:
Per ulteriori dettagli sugli strumenti finanziari si rinvia alla Nota “Informazioni integrative su strumenti finanziari”.
I debiti commerciali, sostanzialmente invariati rispetto al 2013, sono pari a 5.041 milioni di euro (4.970 milioni di euro al 31 dicembre 2013) e si riferiscono principalmente a Telecom Italia S.p.A. (2.376 milioni di euro) e alle società della Business Unit Brasile (2.070 milioni di euro).
Al 31 dicembre 2014 i debiti commerciali con scadenza superiore ai 12 mesi ammontano a 253 milioni di euro (zero al 31 dicembre 2013) e sono interamente rappresentati dal debito della Business Unit Brasile per le attività di clean up dello spettro a 700 MHz oggetto della licenza acquisita nell’ultimo trimestre dell’esercizio.
I debiti tributari si riferiscono in particolare a Telecom Italia S.p.A. per il debito IVA (93 milioni di euro), per il debito per la tassa di concessione governativa (36 milioni di euro) e per il debito verso Erario per le trattenute operate quale sostituto d’imposta (73 milioni di euro). Comprendono inoltre altri debiti tributari della Business Unit Brasile per 217 milioni di euro.
NOTA 25
PASSIVITÀ POTENZIALI, ALTRE INFORMAZIONI, IMPEGNI E GARANZIE
Sono illustrati qui di seguito i principali contenziosi giudiziari, arbitrali e fiscali in cui le società del Gruppo Telecom Italia sono coinvolte al 31 dicembre 2014, nonché quelli chiusi nel corso dell’esercizio.
Per quei contenziosi, di seguito descritti, per i quali si è ritenuto probabile un rischio di soccombenza, il Gruppo Telecom Italia ha iscritto passività per complessivi 123 milioni di euro.
A) PRINCIPALI CONTENZIOSI E AZIONI GIUDIZIARIE PENDENTI
Telecom Italia Sparkle - Rapporti con I-Globe, Planetarium, Acumen, Accrue Telemedia e Diadem: indagine della Procura della Repubblica di Roma
Nel mese di agosto 2014, il Tribunale di Roma ha depositato le motivazioni della sentenza il cui dispositivo era stato pronunciato nel mese di ottobre 2013. Il Tribunale ha assolto con formula piena tre ex manager di Telecom Italia Sparkle dalle imputazioni di associazione a delinquere transnazionale finalizzata all'evasione fiscale e dichiarazione infedele mediante l'uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (c.d. “frode carosello”). Altri 18 imputati sono stati invece condannati con pene comprese tra 15 anni e 1 anno e 8 mesi. Nelle motivazioni della sentenza si dà atto della totale estraneità degli ex manager di Telecom Italia Sparkle alla frode carosello e della correttezza del loro operato.
La sentenza di assoluzione è stata peraltro impugnata, anche relativamente alla posizione degli esponenti Telecom Italia Sparkle, dalla Procura Generale di Roma e si è in attesa della fissazione dell’udienza innanzi alla Corte d’Appello.
Telecom Italia Sparkle risulta tuttora formalmente indagata per l’illecito amministrativo ex D.Lgs. n. 231/2001, avente quale presupposto il reato di associazione a delinquere e riciclaggio transnazionale.
A seguito dell’esito del giudizio immediato, la Società ha comunque chiesto e ottenuto dall’Autorità Giudiziaria, con provvedimento del giugno 2014, il dissequestro e la restituzione integrale della fideiussione di 72.234.003 euro rilasciata a suo tempo in favore dell’Autorità Giudiziaria a garanzia
degli eventuali obblighi derivanti dall’applicazione del D.Lgs. 231/2001, e la restituzione della somma di 8.451.000 euro; resta ancora soggetto a sequestro l’importo di 1.549.000 euro, che corrisponderebbe alla sanzione pecuniaria massima prevista per l’illecito amministrativo.
Si rammenta che a fronte degli accantonamenti effettuati nel bilancio consolidato 2009 in seguito alla vicenda Telecom Italia Sparkle, permanevano iscritti in bilancio fondi rischi per complessivi 86 milioni di euro (72 milioni di euro dei quali riferiti al rischio ex D.Lgs. 231/2001), integralmente rilasciati a conto economico nel corso del 2014.
Per quanto riguarda i rischi di natura fiscale, si ricorda che, nel mese di febbraio 2014, l’Agenzia delle Entrate (Direzione Regionale del Lazio) ha notificato tre atti di contestazione di sanzioni per gli anni 2005, 2006 e 2007, sull’assunto dell’inesistenza del traffico telefonico nell’ambito della “frode carosello”. L’importo delle sanzioni – pari al 25% dei “costi da reato” indebitamente dedotti – ammonta complessivamente a 280 milioni di euro. A tale riguardo la Società ha presentato ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale nel mese di aprile 2014 ed è ancora in attesa della fissazione dell’udienza. Alla luce degli approfondimenti effettuati, e tenuto conto dell’esito favorevole dei processi penali legati alla stessa vicenda, si ritiene che il rischio sia solo possibile e, quindi, non sono stati disposti accantonamenti in bilancio.
Contenziosi fiscali e regolatori internazionali
In data 22 marzo 2011 Tim Celular ha ricevuto notifica di un accertamento fiscale emesso dall'Amministrazione Fiscale Federale del Brasile, per un importo complessivo pari, alla data di contestazione, a 1.265 milioni di reais (circa 550 milioni di euro), incluse le sanzioni e gli interessi, in esito all'ultimazione di una verifica fiscale relativa agli esercizi 2006, 2007, 2008 e 2009 per le società Tim Nordeste Telecomunicações S.A. e Tim Nordeste S.A. (precedentemente denominata Maxitel), società che sono state progressivamente incorporate in Tim Celular con l'obiettivo di razionalizzare la struttura societaria in Brasile.
L'avviso di accertamento include varie rettifiche; le contestazioni principali sono così sintetizzabili:
• il disconoscimento degli effetti fiscali della fusione tra Tim Nordeste Telecomunicações S.A. eMaxitel S.A.;
• il disconoscimento della deducibilità fiscale dell'ammortamento dell'avviamento relativo all'acquisizione di Tele Nordeste Celular Participações S.A. (“TNC”).
Le rettifiche incluse nell'avviso di accertamento sono state contestate da Tim Celular, in sede amministrativa, con la presentazione di una prima difesa in data 20 aprile 2011. Il 20 aprile 2012, Tim Celular ha ricevuto la notifica della decisione di primo grado amministrativo che ha confermato i rilievi dell’avviso di accertamento; contro tale decisione, Tim Celular ha presentato tempestivo appello, sempre in sede amministrativa, in data 21 maggio 2012.
Il Management, come confermato da appositi pareri legali, non ritiene probabile che la società possa subire conseguenze negative in relazione alle predette vicende.
Sempre in relazione alle società brasiliane controllate da Tim Participações, si segnala la presenza di altri casi di contenziosi fiscali, per importi anche significativi, ma con rischio di soccombenza (per le predette società) ritenuto non probabile, anche sulla base di pareri legali rilasciati alle società.
I casi più rilevanti riguardano la deducibilità fiscale dell'ammortamento degli avviamenti, l’imposizione indiretta e le contribuzioni all’ente regolatorio locale (ANATEL). Tra i principali contenziosi concernenti l’imposizione indiretta, si segnalano talune contestazioni riguardanti l’abbattimento della base imponibile del tributo, a fronte di sconti concessi ai clienti; da parte dell'ente regolatorio, invece, si contesta alla società di non avere corrisposto in misura adeguata le contribuzioni ai fondi FUST/FUNTTEL.
Infine, si segnala che a dicembre 2013 Tim Celular ha ricevuto un accertamento fiscale notificato dal Segretariato alle Finanze del Distretto Federale del Brasile per un importo pari, alla data della contestazione, a circa 582 milioni di reais (circa 180 milioni di euro), comprese sanzioni ed interessi, in ragione di presunti mancati pagamenti di tributi indiretti, per gli anni dal 2008 al 2012. L’accertamento è stato notificato in conseguenza di una decisione della Corte Suprema che ha dichiarato l’incostituzionalità di un incentivo fiscale statale. La Società ha tempestivamente presentato una prima difesa, in sede amministrativa, nel mese di gennaio 2014; Tim Celular, anche sulla base di appositi pareri legali, non ritiene probabile il rischio di soccombenza.
Indagini della Procura della Repubblica di Monza
È pendente innanzi alla Procura della Repubblica di Monza, in fase di indagini preliminari, un procedimento penale avente ad oggetto alcune operazioni di fornitura in leasing e/o di vendita di beni,che integrerebbero varie fattispecie di reato, commesse ai danni, fra gli altri, di Telecom Italia, che nel 2011 ha depositato al riguardo un atto di denuncia-querela contro ignoti.
Archiviato dal Giudice per le Indagini Preliminari un procedimento aperto a stralcio (a carico, fra gli altri, di tre dipendenti/ex dipendenti della Società), nel procedimento penale principale risulterebbe ancora indagato, tra gli altri, un ex dipendente della Società.
Irregolarità in merito a operazioni di leasing/noleggio di beni
In relazione a irregolarità riscontrate in merito ad alcune operazioni di leasing e noleggio, che hanno portato, in alcuni casi, a contestazioni ai fini Imposte Dirette ed IVA, la Società ha provveduto negli scorsi esercizi e in quello corrente a stanziare degli accantonamenti a fondo rischi; l‘ammontare attuale del fondo è di circa 9,6 milioni di euro.
Contestazione di illecito amministrativo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 per la cd. Vicenda Security di Telecom Italia
Nel dicembre 2008 Telecom Italia riceveva la notifica della richiesta di rinvio a giudizio per l'illecito amministrativo di cui agli artt. 21 e 25, commi 2 e 4, del D.Lgs. n. 231/2001, in relazione alle vicende che vedevano coinvolti alcuni ex dipendenti della funzione Security ed ex collaboratori della Società, imputati – tra l’altro – di delitti di corruzione di Pubblici Ufficiali, in ipotesi d’accusa finalizzati ad acquisire informazioni da archivi riservati. Nel maggio 2010 Telecom Italia usciva definitivamente dal processo penale come imputata, essendo stata approvata dal giudice dell’Udienza Preliminare l’istanza di applicazione della sanzione su richiesta (patteggiamento) presentata dalla Società.
Nel dibattimento avanti alla Prima Sezione della Corte d’Assise del Tribunale di Milano, Telecom Italia ha rivestito il duplice ruolo di parte civile e di responsabile civile. Da un lato, infatti, è stata ammessa quale parte civile nei confronti di tutti gli imputati e per tutti i capi di imputazione; dall’altro, è stata chiamata a rivestire il ruolo di responsabile civile ai sensi dell’art. 2049 c.c. per i fatti degli imputati, in relazione a 32 parti civili. Al dibattimento hanno preso parte quali parti civili anche Telecom Italia Latam e Telecom Italia Audit & Compliance Services (ora incorporata in Telecom Italia), costituite sin dall’Udienza Preliminare nei confronti di alcuni tra gli imputati per i delitti di intrusione informatica.
Al termine della lunga istruttoria dibattimentale – durata più di un anno – 22 parti civili hanno avanzato richieste risarcitorie anche nei confronti del responsabile civile Telecom Italia per oltre 60 milioni di euro (più di 42 milioni di euro sono stati chiesti da una sola parte civile). Anche la Società, quale parte civile, ha rassegnato la proprie conclusioni nei confronti degli imputati, chiedendo la loro condanna al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dei fatti in contestazione.
Nel mese di febbraio 2013 la I Sezione della Corte d’Assise di Milano ha pronunciato la sentenza di primo grado, applicando agli imputati condanne con pene che vanno da 7 anni e 6 mesi ad un anno di reclusione. La Corte, inoltre, ha riconosciuto in capo ad alcune parti civili l’esistenza di un danno non patrimoniale quale conseguenza dei fatti contestati e ha condannato gli imputati in solido con il responsabile civile Telecom Italia al loro risarcimento, complessivamente liquidato in 270.000 euro (di cui 170.000 euro in solido anche con Pirelli); contestualmente, ha peraltro condannato gli imputati al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito dalla Società, riconoscendo in favore della stessa una provvisionale di 10 milioni di euro. La sentenza ha inoltre riconosciuto l’esistenza di un
danno non patrimoniale in capo a Telecom Italia Latam e Telecom Italia Audit & Compliance Services, condannando gli imputati al risarcimento del danno liquidato equitativamente in 20.000 euro per ciascuna società.
Nel mese di novembre 2013 sono state pubblicate le motivazioni della sentenza di primo grado (che per parte sua la Società ha ritenuto di non impugnare).
Ad oggi non risulta ancora fissata la data in cui si celebrerà il giudizio d’appello.
Procedimento Antitrust A428
A conclusione del procedimento A428, in data 10 maggio 2013 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato - AGCM ha comminato a Telecom Italia due sanzioni amministrative, per 88.182.000 euro e 15.612.000 euro, per abuso di posizione dominante. La Società (i) avrebbe ostacolato o ritardato l’attivazione dei servizi di accesso richiesti dagli OLO tramite rifiuti ingiustificati e pretestuosi; (ii) avrebbe offerto i propri servizi di accesso ai clienti finali a condizioni economiche e tecniche asseritamente non eguagliabili da parte dei concorrenti che acquistano servizi di accesso all’ingrosso dalla stessa Telecom Italia, nelle sole aree geografiche del Paese in cui sono disponibili i servizi di accesso disaggregato alla rete locale e dove, quindi, gli altri operatori possono svolgere un’azione concorrenziale più efficace nei confronti della Società. Le passività già stanziate nel Bilancio consolidato al 31 dicembre 2013 coprivano l’intero importo delle sanzioni e degli interessi maturati alla data.
Telecom Italia ha impugnato il provvedimento innanzi al TAR Lazio, con istanza di sospensiva del pagamento della sanzione. In particolare ha contestato: la lesione dei diritti di difesa all’interno del procedimento, la circostanza che le presunte scelte organizzative contestate da AGCM ed asseritamente alla base dell’abuso in materia di processi di provisioning verso gli OLO fossero state oggetto di specifici provvedimenti dell’Autorità di settore (AGCom), la circostanza che la disamina comparata dei processi di provisioning interni/esterni portasse invero a risultanze migliorative per gli OLO rispetto alla direzione retail di Telecom Italia, essendo quindi assente ogni forma di disparità di trattamento e/o di comportamenti opportunistici da parte di Telecom Italia, nonché (con riferimento al secondo abuso) la inidoneità strutturale delle condotte contestate a determinare una compressione dei margini degli OLO.
Nel dicembre 2013 il TAR ha accolto l’istanza di sospensione del pagamento della sanzione, fissando l’udienza di trattazione del merito nel febbraio 2014, poi rinviata a marzo 2014.
Nel maggio 2014, è stata pubblicata la sentenza con la quale il TAR Lazio ha respinto il ricorso di Telecom Italia confermando totalmente le sanzioni statuite nel provvedimento impugnato. Avverso tale decisione la Società ha presentato, a settembre 2014, ricorso in appello al Consiglio di Stato.
Nel frattempo la società ha provveduto al pagamento delle sanzioni e dei relativi interessi.
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Si segnala che per i contenziosi di seguito riportati non è stato possibile, sulla base delle informazioni disponibili alla data di chiusura del presente documento e con particolare riferimento alla complessità dei procedimenti, al loro stato di avanzamento, nonché agli elementi di incertezza di carattere tecnico-processuale, effettuare una stima attendibile degli oneri e/o delle tempistiche degli eventuali pagamenti. Inoltre, nei casi in cui la diffusione delle informazioni relative al contenzioso potrebbe pregiudicare seriamente la posizione di Telecom Italia o delle sue controllate, viene descritta unicamente la natura generale della controversia.
Procedimento Antitrust I757
In data 12 settembre 2012, l’AGCM ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti di Telecom Italia, Wind e Vodafone per accertare l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza volta a escludere dal mercato il nuovo operatore BIP Mobile S.r.l..
BIP Mobile, che intendeva presentarsi come primo operatore virtuale “lowcost”, non disponeva di una propria rete di vendita, utilizzando il canale della distribuzione c.d. multibrand quale modalità di accesso al mercato. Secondo la denuncia presentata all’AGCM, si sarebbe trovato a dover fronteggiare rinunce da parte di soggetti che distribuiscono servizi di telefonia mobile per più operatori, asseritamente indotte da pressioni che sarebbero il frutto di una strategia concertata tra Telecom Italia, Vodafone e Wind.
Il 20 dicembre 2013 AGCM ha deliberato di estendere l’istruttoria all’esame delle condotte di Telecom Italia e Wind sotto il profilo delle possibili restrizioni verticali in violazione dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea derivanti dagli accordi integrativi commerciali sottoscritti da ciascuna di esse con alcuni dealer multibrand, in quanto attribuiscono al rivenditore extra incentivazioni con riserva di risoluzione del rapporto nel caso in cui il dealer commercializzi prodotti o servizi di altri operatori oltre a quelli già commercializzati al momento della sottoscrizione.
In data 9 aprile 2014 Telecom Italia ha presentato una proposta di impegni. L’AGCM, valutato che gli impegni presentati appaiono non manifestamente infondati, ne ha disposto la pubblicazione in data 22 aprile 2014 ai fini del c.d. market test.
All’esito dell’istruttoria l’Autorità, in data 11 dicembre 2014, ha emesso due distinti provvedimenti. Con il primo ha accertato che l’intesa orizzontale originariamente contestata non sussiste; con il secondo ha accettato gli impegni proposti da Telecom Italia con riferimento ai profili verticali oggetto dell’estensione dell’istruttoria, senza accertamento di infrazione.
Procedimento Antitrust I761
Con provvedimento deliberato in data 10 luglio 2013 l’AGCM ha esteso a Telecom Italia l’istruttoria avviata nel marzo dello stesso anno nei confronti di alcune imprese attive nel settore dei servizi di manutenzione di rete fissa, volta a verificare l’esistenza di un’intesa vietata ai sensi dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Il procedimento è stato avviato in seguito alla presentazione da parte di Wind di due segnalazioni con le quali si informava l’AGCM di aver riscontrato, a fronte di una richiesta d’offerta per l’affidamento dei servizi di manutenzione correttiva della rete, la sostanziale uniformità dei prezzi praticati dalle suddette imprese e la significativa differenza con le offerte presentate successivamente da altre e diverse aziende.
A Telecom Italia l’AGCM ha contestato di avere svolto un ruolo di coordinamento delle altre parti della procedura sia nel corso della formulazione delle offerte richieste da Wind, sia in relazione alle posizioni rappresentate all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Telecom Italia ha impugnato i suddetti provvedimenti dinanzi al TAR, per carenza di competenza dell’Autorità Antitrust.
In data 7 luglio 2014, l’AGCM ha notificato l’estensione oggettiva del procedimento al fine di verificare se la Società, abusando della propria posizione dominante, abbia posto in essere iniziative idonee a influenzare le condizioni di offerta dei servizi tecnici accessori in occasione della formulazione delle offerte a Wind e Fastweb da parte delle imprese di manutenzione. Con il provvedimento di estensione, l’Autorità ha altresì prorogato il termine di chiusura del procedimento, originariamente previsto per il 31 luglio 2014, al 31 luglio 2015. Anche tale provvedimento di estensione è stato impugnato innanzi al TAR del Lazio per carenza di competenza dell’Autorità Antitrust.
Nel novembre 2014, per ragioni di economia procedimentale e pur convinta di aver agito in maniera legittima, Telecom Italia ha presentato all’Autorità una proposta di impegni al fine di risolvere le preoccupazioni concorrenziali oggetto dell’istruttoria. Con delibera del 19 dicembre 2014 l’AGCM ha ritenuto che detti impegni non fossero manifestamente infondati e ne ha successivamente disposto la pubblicazione a market test. Il procedimento si concluderà, salvo proroghe, entro fine marzo 2015.
Contenzioso per “Conguagli su canoni di concessione” per gli anni 1994-1998
In ordine ai giudizi promossi negli anni scorsi da Telecom Italia e Tim relativi alla richiesta di pagamento, da parte del Ministero delle comunicazioni, di conguagli su quanto versato a titolo di canone di concessione per gli anni 1994-1998, il TAR Lazio ha respinto il ricorso della Società avverso la richiesta di conguaglio sul canone per l’esercizio 1994 per un importo di circa 11 milioni di euro, di cui 9 milioni
di euro a fronte di fatturato non percepito per perdite su crediti. Telecom Italia ha proposto ricorso in appello.
Con due ulteriori recenti sentenze il TAR Lazio, ribadendo tutte le motivazioni già espresse in precedenza, ha respinto anche il ricorso con il quale Tim ha impugnato le richieste di conguagli per canoni di concessione relativi agli anni dal 1995 al 1998, per un importo di circa 46 milioni di euro.
Telecom Italia proporrà, anche per queste sentenze, ricorso al Consiglio di Stato.
FASTWEB
Nel mese di aprile 2014 Fastweb e Telecom Italia hanno raggiunto un accordo tecnico processuale per la rinuncia al giudizio arbitrale, avviato da Fastweb nel mese di gennaio 2011, in virtù del quale il concorrente ha chiesto il risarcimento di presunti danni per 146 milioni di euro subiti a seguito dell’asserito inadempimento delle previsioni contenute nel contratto di fornitura del servizio ULL.
L’accordo raggiunto non ha definito le rispettive pretese risarcitorie dedotte nell’arbitrato, che proseguiranno nel giudizio già pendente avanti il Tribunale Civile di Milano, di seguito illustrato. Si rammenta che in arbitrato Fastweb lamentava che, nel periodo compreso tra luglio 2008 e giugno 2010, Telecom Italia avrebbe rifiutato illegittimamente di eseguire circa 30.000 richieste per la migrazione di clienti verso la rete Fastweb. Telecom Italia si era costituita in giudizio spiegando domanda riconvenzionale.
Nel mese di dicembre 2013 Fastweb ha notificato un atto di citazione innanzi al Tribunale di Milano formulando una richiesta di risarcimento danni per asserite condotte abusive attuate da Telecom Italia mediante un eccessivo numero di rifiuti di fornitura dei servizi di accesso all’ingrosso (“KO”) nel periodo 2009-2012 e con offerte economiche alla clientela business, in aree aperte al servizio ULL, non replicabili dai concorrenti dato l’asserito eccesso di compressione dei margini di sconto (pratiche di “margin squeeze”). Tale pretesa risarcitoria, fondata sui contenuti del noto provvedimento dell’Autorità Antitrust A428, è stata indicata da Fastweb nella misura di 1.744 milioni di euro.
La Società si è costituita in giudizio confutando le pretese di controparte nel merito e nel quantum e spiegando a sua volta domanda riconvenzionale.
VODAFONE
Nel mese di agosto 2013 Vodafone, anche in qualità di incorporante dell’operatore Teletu, ha formulato, innanzi al Tribunale di Milano, ingenti pretese risarcitorie per presunte condotte abusive e anticoncorrenziali (fondate principalmente sul provvedimento AGCM A428) che Telecom Italia avrebbe attuato nel periodo 2008 – 2013. La pretesa economica è stata quantificata da Vodafone in un importo stimato compreso tra 876 milioni di euro e 1.029 milioni di euro.
Vodafone, in particolare, ha contestato l’attuazione di attività di boicottaggio tecnico con il rifiuto delle attivazioni delle linee richieste per i clienti di Teletu (nel periodo dal 2008 al mese di giugno 2013), unitamente all’adozione di asserite politiche abusive di prezzo per i servizi all’ingrosso di accesso alla rete (periodo dal 2008 al mese di giugno 2013). Inoltre la controparte ha lamentato la presunta applicazione di sconti alla clientela business maggiori di quelli previsti (c.d. pratiche di margin squeeze) e il compimento di presunte pratiche illecite e anticoncorrenziali di winback (nel periodo dalla seconda metà del 2012 al mese di giugno 2013).
Telecom Italia si è costituita in giudizio, confutando le richieste di controparte nel merito e nel quantum e spiegando a sua volta domanda riconvenzionale.
TISCALI
Con atto di citazione innanzi al Tribunale di Milano, notificato nel gennaio 2015, Tiscali ha avanzato pretese risarcitorie per 285 milioni di euro contestando asserite condotte abusive che Telecom Italia avrebbe posto in essere, negli anni 2009-2014, mediante atti di boicottaggio tecnico e praticando offerte economiche alla clientela business, in aree aperte al servizio ULL, non replicabili dai concorrenti dato l’asserito eccesso di riduzione dei margini di sconto (pratiche di “margin squeeze”). La richiesta di Tiscali si fonda sui contenuti del noto provvedimento dell’Autorità Antitrust A428. Telecom Italia si costituirà in giudizio confutando le pretese di controparte.
WIND
Nel mese di ottobre 2014 sono stati definiti in via conciliativa i seguenti giudizi pendenti dinanzi al Tribunale di Milano promossi dall’operatore Wind:
• giudizio avviato con atto di citazione del gennaio 2012 per il risarcimento di presunti danni (quantificati in circa 85 milioni di euro), derivanti da asseriti atti di concorrenza sleale posti in essere mediante rifiuto di attivazione di clienti nel periodo luglio 2009 – ottobre 2010, nonché mediante offerte e scontistica personalizzate nei confronti dei clienti interessati alle offerte commerciali di Wind (tali condotte erano, all’atto della citazione, oggetto del procedimento antitrust A428, richiamato in atti);
• giudizio promosso con atto di citazione del maggio 2013, richiamando l’intervenuta decisione antitrust A428, per il risarcimento di presunti danni (quantificati in oltre 247 milioni di euro, di cui circa 37 milioni di euro richiesti per danno reputazionale) conseguenti al rifiuto di attivazione di n. 80.159 potenziali clienti nel periodo luglio 2011 – ottobre 2012.
EUTELIA e VOICEPLUS
Nel mese di giugno 2009, Eutelia e Voiceplus hanno chiesto l’accertamento di asseriti atti di abuso di posizione dominante, da parte di Telecom Italia, nel mercato dei servizi premium (basato sull’offerta al pubblico di servizi resi tramite le cosiddette Numerazioni Non Geografiche). Le attrici hanno quantificato i loro danni in un importo complessivo pari a circa 730 milioni di euro.
L’azione segue un procedimento cautelare in cui la Corte di Appello di Milano ha inibito alla Società alcuni comportamenti in materia di gestione delle relazioni economiche con Eutelia e Voiceplus aventi a oggetto le Numerazioni Non Geografiche, per le quali Telecom Italia gestiva, per conto di tali OLO e in virtù di obblighi regolatori, l’incasso dai clienti finali.
A seguito della sentenza con la quale la Corte d’Appello di Milano ha accolto le eccezioni di Telecom Italia dichiarando la propria incompetenza in favore del Tribunale Civile, Eutelia in amministrazione straordinaria e Voiceplus in liquidazione hanno riassunto il giudizio innanzi al Tribunale di Milano.
L’udienza di prima comparizione si è svolta nel mese di marzo 2014. Telecom Italia si è costituita in giudizio confutando le tesi delle controparti.
TELEUNIT
Con atto di citazione dell’ottobre 2009 innanzi alla Corte d’Appello di Milano, Teleunit ha chiesto l’accertamento di asseriti atti di abuso di posizione dominante, da parte di Telecom Italia, nel mercato dei servizi premium. L’attrice ha quantificato i danni in un importo di circa 362 milioni di euro. Telecom Italia si è costituita in giudizio contestando le pretese di controparte.
A seguito della sentenza del gennaio 2014 con la quale la Corte d’Appello ha dichiarato la propria incompetenza, in favore del Tribunale, Teleunit ha riassunto, nel successivo mese di aprile, il giudizio innanzi al Tribunale di Milano.
Telecom Italia si è costituita nel giudizio riassunto confutando le tesi di controparte.
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Indagini Procura della Repubblica di Forlì
Nonostante una prima archiviazione da parte della Procura della Repubblica di Bologna, intervenuta nel 2011, nel giugno 2012 è stato notificato alla Società un decreto di perquisizione emesso dalla Procura della Repubblica di Forlì, nell’ambito di un procedimento in cui risultano indagati, fra gli altri, un dipendente successivamente sospeso e tre ex dipendenti della Società.
Nel mese di settembre 2013 è stato depositato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. I reati per cui si procede sono l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” e di “emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” ed i rispettivi reati fine. Nei confronti dei dipendenti della società è stato altresì contestato il delitto di ”ostacolo all’esercizio delle funzioni delle Autorità Pubbliche di vigilanza”, “per non avere consentito alla CONSOB di venire a conoscenza con tempestività del coinvolgimento di Telecom S.p.A. nel “Sistema San Marino” per il raggiungimento dei target di vendita imposti dai vertici aziendali, omettendo di segnalare ai preposti alle comunicazioni CONSOB i rischi di natura economica, patrimoniale, finanziaria e reputazionale che il coinvolgimento avrebbe potuto comportare, con potenziale danno per gli investitori e con conseguenziale alterazione della trasparenza del mercato”.
A fronte di quest’ultima contestazione, la Procura di Forlì ha trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica di Milano, ritenuta territorialmente competente.
Il fenomeno è stato a suo tempo oggetto di audit e del c.d. Progetto Greenfield. Al riguardo si segnala che, in esito a quanto emerso da queste attività, la Società ha già provveduto a regolarizzare autonomamente alcune fatture per le quali non erano stati assolti integralmente gli obblighi fiscali previsti.
POSTE
Sono pendenti alcuni contenziosi instaurati dalla Ing. C. Olivetti & C. S.p.A. (oggi Telecom Italia) avverso le Poste, riguardanti il mancato pagamento di prestazioni rese nell’ambito di una serie di contratti di fornitura di beni e servizi informatici. Le sentenze già emesse in primo grado hanno stabilito un esito parzialmente favorevole alla ex Olivetti e sono state impugnate da Poste in singoli giudizi d’appello.
A tale riguardo, mentre una sentenza della Corte d’Appello di Roma ha confermato una delle partite creditorie a favore di Telecom Italia, altra sentenza della stessa Corte ha dichiarato la nullità di uno dei contratti controversi. A seguito di tale pronuncia, Poste aveva notificato un atto di precetto per la restituzione di circa 58 milioni di euro, opposto da Telecom Italia data la pendenza del giudizio di Cassazione per la riforma della suddetta decisione.
A seguito della sentenza della Corte di Cassazione che ha cassato con rinvio la decisione della Corte di Appello a fondamento del precetto, il Tribunale di Roma ha dichiarato cessata la materia del contendere nell’ambito del procedimento esecutivo, essendo venuto meno il titolo azionato da Poste. Il giudizio è stato riassunto innanzi ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fallimento Elinet S.p.A.
La curatela del fallimento Elinet S.p.A. ha impugnato la sentenza con la quale il Tribunale di Roma ha rigettato le domande risarcitorie delle curatele del Gruppo Elinet-Elitel (per complessivi 350 milioni di euro), riproponendo la propria pretesa di circa 58 milioni di euro.
Le contestazioni rivolte alla Società riguardano il presunto svolgimento di attività di direzione e coordinamento sull’attrice, e con essa sul gruppo Elitel (operatore alternativo nel cui capitale la Telecom Italia non ha mai avuto alcuna interessenza), che sarebbe stato attuato mediante la leva della gestione dei crediti commerciali.
Telecom Italia si è costituita in giudizio confutando le pretese di controparte.
Grecia – DELAN
In data 22 febbraio 2014, Telecom Italia International e Wind Hellas (nuova denominazione di TIM Hellas, partecipata greca ceduta dal Gruppo Telecom Italia nel 2005) hanno sottoscritto un accordo transattivo con il quale, a fronte del pagamento a quest’ultima di complessivi 31,8 milioni di euro, è stato concluso l’arbitrato avviato dalla stessa Wind Hellas innanzi all’International Chamber of Commerce. Invero, nel corso del 2012, il giudice di primo grado di Atene aveva riconosciuto alla società Carothers Ltd, in qualità di successore di Delan Cellular Services S.A. (Delan), danni per complessivi 85 milioni di euro circa, nei confronti di Wind Hellas. La sentenza era stata appellata da Wind Hellas che, a propria volta, aveva citato Telecom Italia International di fronte ad un Tribunale Arbitrale, sulla base degli accordi di manleva contenuti nel contratto per la cessione della partecipazione. Wind Hellas aveva chiesto una pronuncia dichiarativa del proprio diritto ad essere mantenuta indenne da eventuali conseguenze negative all’esito del giudizio.
Inoltre Wind Hellas aveva richiesto a Telecom Italia International di assumere la difesa in un altro contenzioso ordinario in Grecia, ancora in forza degli obblighi derivanti dal contratto di cessione.
L’accordo transattivo ha definitivamente fatto cessare qualsiasi pretesa di Wind Hellas nei confronti del Gruppo.
Brasile - arbitrato Docas/JVCO
Nel mese di marzo 2013, le società brasiliane Docas Investimentos S.A. (Docas) e JVCO Participações Ltda. (JVCO) hanno avviato un procedimento arbitrale contro Tim Brasil Serviços e Participações S.A. (Tim Brasil), Tim Participações S.A. (Tim Participações) e Intelig Telecomunicações Ltda. (Intelig) chiedendo la restituzione delle azioni di Tim Participações detenute dal gruppo Tim Brasil a garanzia (cd.
Alienaçao Fiduciaria) delle obbligazioni di indennizzo assunte dal gruppo Docas in occasione dell’acquisizione di Intelig (società controllata dal gruppo Docas) tramite fusione per incorporazione della sua controllante in Tim Participações, nonché il risarcimento dei danni per asserite violazioni dell’accordo di fusione e per asseriti illeciti di Tim Participações nella determinazione del concambio tra azioni Tim Participações e azioni Intelig, per un importo tuttora non specificato e da liquidarsi in corso di giudizio. A seguito della costituzione del collegio arbitrale, nel mese di maggio 2013, Tim Brasil, Tim Participações e Intelig hanno depositato la memoria di replica con formulazione di domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni nei confronti del gruppo Docas.
Nell’ottobre 2013, al fine di preservare lo status quo fino alla decisione del giudizio arbitrale, il Tribunale Arbitrale ha disposto la non escutibilità della garanzia rappresentata dalle citate azioni Tim Participações e la permanenza delle stesse in Alienaçao Fiduciaria nella custodia del Banco Bradesco. I diritti di voto connessi alle Azioni sono “congelati” e i pagamenti dei futuri dividendi devono essere effettuati su un conto deposito (escrow account).
Nel mese di dicembre 2013, Docas e JVCO hanno depositato il proprio Statement of Claim. A marzo 2014 è stata depositata la comparsa riconvenzionale di Tim Brasil, Tim Participações e Intelig e successivamente si è aperta la fase delle produzioni documentali. Nel febbraio 2015 sono stati depositati gli Statement of Defence di tutte le parti, in vista dell’udienza dibattimentale prevista per il mese di settembre 2015.
Brasile – Contenzioso JVCO
Nel mese di settembre 2013, è stata ricevuta la notifica di un procedimento giudiziario instaurato da JVCO Participações Ltda. (JVCO) di fronte al Tribunale di Rio de Janeiro contro Telecom Italia, Telecom Italia International e Tim Brasil Serviços e Participações S.A., in cui si chiede sia dichiarato abusivo il loro controllo di Tim Participações S.A. (Tim Participações) e la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dell’esercizio di tale potere di controllo, in misura da determinarsi in corso di giudizio.
Nel febbraio 2014 sono state depositate le memorie di difesa, eccependo l’incompetenza del giudice adito, e in agosto il Tribunale di Rio de Janeiro ha deciso in favore di Telecom Italia, Telecom Italia International e Tim Brasil, rigettando la domanda di JVCO. Quest'ultima ha impugnato la sentenza di fronte al giudice di primo grado, atto respinto dal giudice a settembre 2014.
A novembre 2014, JVCO ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado. Il 10 dicembre 2014 Telecom Italia, Telecom Italia International e Tim Participações hanno rispettivamente depositato sia le proprie repliche all’appello che un ricorso contro la misura delle spese liquidate in loro favore nella sentenza di primo grado e ritenuta troppo bassa.
Brasile - Arbitrato Opportunity
Nel maggio 2012, Telecom Italia e Telecom Italia International N.V. hanno ricevuto la notifica di un procedimento arbitrale promosso dal gruppo Opportunity per il risarcimento di danni asseritamente subiti per la presunta violazione di un accordo transattivo firmato nel 2005. Nella prospettazione di parte attrice, i danni sarebbero riconducibili a circostanze emerse nell'ambito dei procedimenti penali innanzi al Tribunale di Milano aventi, fra l'altro, a oggetto attività illecite poste in essere da ex dipendenti di Telecom Italia.
Conclusasi la fase istruttoria, nel mese di novembre 2014 si è tenuta l’udienza di discussione, a seguito della quale le parti hanno depositato le proprie memorie conclusionali in vista della decisione del caso.
Processo verbale di constatazione nei confronti di Telecom Italia International N.V.
Nel mese di giugno 2014, al termine di una verifica fiscale durata oltre un anno, la Guardia di Finanza di Milano ha notificato alla Telecom Italia International N.V., società controllata con sede legale nei Paesi Bassi, un processo verbale di constatazione, relativo ai periodi d’imposta dal 2005 al 2012, con il quale ha formalizzato un rilievo sulla presunta residenza fiscale in Italia della predetta società controllata, in ragione di considerazioni essenzialmente legate alla presunta sede effettiva dell'amministrazione in Italia.
Sulla base del predetto processo verbale, l’Agenzia delle Entrate di Milano, lo scorso mese di dicembre, ha notificato alla società olandese distinti avvisi di accertamento ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES) e ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) relativi ai periodi d’imposta 2005, 2006 e 2007. Con i predetti avvisi di accertamento, l’Agenzia delle Entrate ha confermato nella sostanza le contestazioni sollevate dalla Guardia di Finanza. L’onere complessivo per imposte, sanzioni e interessi derivante dai predetti avvisi ammonta a circa 148 milioni di euro.
La società ritiene, anche sulla base di pareri rilasciati da autorevoli professionisti, che la contestazione sia infondata e sta conducendo approfondimenti sulle modalità di difesa più opportune da adottare. Non si esclude la possibilità di pervenire a un accordo con l’Agenzia delle Entrate in fase precontenziosa.
B) ALTRE INFORMAZIONI
Telefonia mobile - procedimenti penali
Nel marzo 2012 Telecom Italia ha ricevuto la notifica di un avviso di conclusione delle indagini preliminari, dal quale risultava che la Società era indagata dalla Procura della Repubblica di Milano ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 per i delitti di ricettazione e di falso, commessi, in ipotesi d’accusa, da quattordici dipendenti del c.d. “canale etnico”, in concorso con alcuni dealer, allo scopo di ottenere indebite provvigioni da Telecom Italia.
La Società che, nel corso del 2008 e del 2009 aveva già presentato due atti di querela in quanto persona offesa e danneggiata da simili condotte, e che aveva provveduto a sospendere i dipendenti coinvolti nel procedimento penale (sospensione alla quale è seguito il licenziamento), ha depositato una prima memoria difensiva corredata da una consulenza tecnica di parte, richiedendo l’archiviazione della propria posizione e l’iscrizione degli indagati anche per il delitto di truffa aggravata ai suoi danni. Nel dicembre 2012 la Procura della Repubblica ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 89 imputati e della stessa Società.
Nel corso dell’udienza preliminare, la Società è stata ammessa come parte civile nel processo e, nel novembre 2013, sono state depositate le conclusioni nell’interesse della parte civile, ribadendo nel merito la totale estraneità di Telecom Italia agli addebiti mossi.
All’esito dell’udienza preliminare, svoltasi nel marzo 2014, il Giudice per le Udienze Preliminari ha disposto il rinvio a giudizio di tutti gli imputati (inclusa Telecom Italia) che non hanno richiesto la definizione della propria posizione con riti alternativi, con la motivazione che “risulta necessario il vaglio dibattimentale”. Attualmente il procedimento è in fase di trattazione delle questioni preliminari all’apertura del dibattimento avanti al Tribunale in composizione collegiale.
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Con riferimento al procedimento penale per il delitto di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, pendente nei confronti di un ex Amministratore Esecutivo (il Dottor Riccardo Ruggiero) e due ex dirigenti e relativo, in ipotesi d’accusa, alla comunicazione all’AGCom di una customer base ritenuta alterata sia da proroghe fittizie di 5.130.000 sim-card con ricarica da 0,01 euro, sia dall’attivazione di 1.042.447 sim-card ritenute irregolari e non ricaricate nei dodici mesi successivi all’attivazione, nel novembre 2013 il Giudice per le Udienze Preliminari di Roma ha pronunciato sentenza di “non luogo a procedere” a valle della trasmissione per competenza territoriale degli atti dal
Tribunale di Milano a quello di Roma.
Il Pubblico Ministero di Roma ha quindi proposto ricorso per Cassazione, che nel maggio 2014 lo ha dichiarato inammissibile.
Contenzioso canone di concessione per l’anno 1998
Telecom Italia ha convenuto in giudizio in sede civile la Presidenza del Consiglio dei Ministri per il risarcimento del danno causato dallo Stato Italiano attraverso la sentenza d’appello n. 7506/09 pronunciata dal Consiglio di Stato in violazione, ad avviso della Società, dei principi del diritto comunitario.
La domanda principale su cui si fonda l’azione trova il suo fondamento nella giurisprudenza comunitaria che riconosce il diritto di far valere la responsabilità dello Stato rispetto alla violazione dei diritti riconosciuti dal diritto comunitario e lesi da una sentenza divenuta definitiva, rispetto alla quale nessun altro rimedio sia più esperibile. La pronuncia del Consiglio di Stato ha definitivamente negato il diritto di Telecom Italia alla restituzione del canone di concessione per l’anno 1998 (pari a 386 milioni di euro per Telecom Italia e 143 milioni di euro per Tim, oltre ad interessi), già negato dal TAR Lazio nonostante la pronuncia favorevole e vincolante della Corte di Giustizia UE del 23 febbraio 2008, riguardante il contrasto tra la Direttiva CE 97/13 in materia di autorizzazioni generali e licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione e le norme nazionali, che avevano prorogato per il 1998 l’obbligo di pagamento del canone a carico dei concessionari di telecomunicazioni, nonostante l’intervenuto processo di liberalizzazione. La Società ha poi proposto, nell’ambito del medesimo procedimento, una domanda subordinata di risarcimento per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c.. La pretesa risarcitoria è stata quantificata in circa 529 milioni di euro, oltre interessi legali e rivalutazione.
L’Avvocatura di Stato si è costituita in giudizio avanzando domanda riconvenzionale per pari importo. L’azione è stata sottoposta ad un vaglio di ammissibilità da parte del Tribunale, il quale ha dichiarato l’inammissibilità della domanda principale di Telecom Italia (azione per danni per manifesta violazione del diritto comunitario ai sensi della legge 117/88). Detta decisione è stata però riformata in appello, in senso favorevole alla Società. Successivamente il Tribunale di Roma ha emesso la sentenza di primo grado dichiarando la domanda della società inammissibile. Telecom Italia ricorrerà in appello avverso tale decisione.
TELETU
E’ pendente il contenzioso risarcitorio avviato da Telecom Italia con atto di citazione del febbraio 2012 nei confronti dell’operatore Teletu (oggi incorporato in Vodafone) per gli illegittimi rifiuti riguardanti la riattivazione presso Telecom Italia di clienti del concorrente. La pretesa è stata quantificata in circa 93 milioni di euro.
Verifica ispettiva CONSOB
Nel mese di novembre 2013 funzionari della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) hanno condotto presso le sedi sociali di Telecom Italia una verifica ispettiva al fine di acquisire atti documentali ed elementi informativi relativamente all’emissione del prestito obbligazionario equity-linked di Telecom Italia Finance (“Guaranteed Subordinated Mandatory Convertible Bonds due 2016 convertible into ordinary shares of Telecom Italia S.p.A.”), alle procedure per la cessione delle partecipazioni detenute dal Gruppo Telecom Italia nel gruppo Sofora - Telecom Argentina e alle procedure aziendali in materia di confidenzialità delle informazioni privilegiate e di tenuta del registro delle persone che vi hanno accesso.
Da quanto appreso da fonti pubbliche, CONSOB avrebbe notiziato dell’ispezione la Procura della Repubblica di Roma la quale in data 20 dicembre 2013 ha diffuso un comunicato in cui si legge: “In relazione a vicende societarie e finanziarie delle società Telecom e Telco la Procura della Repubblica sottolinea che non ci sono indagati per il reato di ostacolo alla Vigilanza né per altri tipi di reato”. La Procura ha altresì precisato che sin “da ottobre scorso l’ufficio del pubblico ministero segue gli sviluppi della vicenda Telecom sollecitando ed intrattenendo con la CONSOB scambi di informazioni tra l’autorità giudiziaria e gli organi di vigilanza anche nell’ipotesi in cui siano ravvisabili reati”.
Nel mese di settembre 2014 la CONSOB ha chiuso la fase istruttoria della propria verifica, aprendo il procedimento sanzionatorio con la contestazione alla Società di alcune violazioni amministrative del Testo Unico della Finanza.
La Società, confidando nella solidità delle proprie argomentazioni e nell’accoglimento delle spiegazioni fornite, ha già depositato le proprie deduzioni. Le eventuali sanzioni, soggette comunque a impugnazione, non determinerebbero un impatto materiale per la Società.
Olivetti – Esposizione amianto
Nel mese di settembre 2014 la Procura della Repubblica di Ivrea ha chiuso le indagini relative alla presunta esposizione ad amianto di 15 ex lavoratori delle società “Ing. C. Olivetti S.p.A.” (oggi Telecom Italia S.p.A.), “Olivetti Controllo Numerico S.p.A”, “Olivetti Peripheral Equipment S.p.A.”, “Sixtel S.p.A.” e “Olteco S.p.A” e ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini a 39 indagati (fra cui ex Amministratori delle società indicate).
In data 19 dicembre 2014 la Procura della Repubblica di Ivrea ha formulato richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 33 dei 39 indagati originari, chiedendo contestualmente l’archiviazione per 6 posizioni.
L’udienza preliminare prenderà avvio nell’aprile 2015.
La società attualmente non riveste alcun ruolo nel procedimento penale.
Telecom Argentina
Il 3 giugno 2013 quattro organizzazioni sindacali hanno citato in giudizio Telecom Argentina per ottenere l’emissione di bond di partecipazione agli utili riservati ai dipendenti, come previsto da specifica Legge argentina, contestando la costituzionalità del successivo Decreto n. 395/92 che stabiliva l’esenzione di Telecom Argentina a emettere tali bond.
La società ha depositato le proprie difese in giudizio, contestando alla magistratura del lavoro la richiesta di parte avversa. Il 30 ottobre 2013 il giudice ha rigettato le richieste di Telecom Argentina, rinviando la decisione all’esito dell’udienza di comparizione delle parti. La società ha appellato la decisione e l’appello risulta ancora pendente. Il procedimento è stato peraltro sospeso per la verifica della legittimazione al giudizio degli attori, a fronte della contestazione di Telecom Argentina sul punto.
Il management di Telecom Argentina, sulla base delle valutazioni dei propri legali esterni, ritiene che la domanda di controparte non sia fondata.
Altre passività connesse alle cessioni di asset e partecipazioni
Nell’ambito dei contratti di cessione di asset e società il Gruppo Telecom Italia ha garantito agli acquirenti, a fronte di passività derivanti principalmente da problematiche in materia legale, fiscale, previdenziale e giuslavoristica, indennizzi normalmente commisurati a una percentuale del prezzo di acquisto.
A fronte delle suddette passività potenziali, complessivamente ammontanti a circa 1.000 milioni di euro, per i soli casi in cui si è ritenuto probabile un esborso di risorse, risultano accantonati a fondi rischi 67 milioni di euro.
Si precisa inoltre che il Gruppo Telecom Italia si è impegnato a concedere a fronte della cessione di asset e di partecipazioni ulteriori indennizzi relativi ad alcune specifiche previsioni contrattuali la cui passività potenziale non è attualmente determinabile.