Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

L’entrata di Vivendì nel capitale di Telecom e conseguenze

L’inizio della scalata è da collocarsi nel settembre 2014, quando Vivendì vende a Telefonica la sua quota in GVT, operatore telefonico di rete fissa che opera nel mercato brasiliano, creando così le premesse per il suo ingresso nel capitale di Telecom Italia.

L’operazione è stata finalizzata nel maggio 2015 e, a giugno dello stesso anno, Vivendì acquisisce fino al 14,9% del capitale di Telecom Italia diventando l’azionista di riferimento sostituendo la stessa Telefonica facendo leva in termini finanziari anche sulla cessione di GVT.
Ovviamente il nuovo azionista preme per avere il controllo della società proponendo nuovi membri per il CdA; al momento dell’ingresso il CdA era composto da 13 persone e Vivendì propone l’allargamento a 15 piuttosto che chiedere delle sostituzioni. Dopo alcuni mesi, nel CdA del 15 Dicembre 2015, viene deciso l’allargamento da 13 a 17 consiglieri; i nuovi 4 posti sono tutti appannaggio di Vivendì a partire dal suo CEO Arnaud de Puyfontaine. Fino a questo momento il nuovo azionista non effettua cambi al vertice di Telecom che vede Marco Patuano come CEO e Giuseppe Recchi come Presidente.


Circa due mesi prima, ovvero il 27 Ottobre 2015, le segreterie nazionali delle OO.SS Fistel-CISL, Uilcom-UIL e UGL Tlc-UGL firmano presso il MISE un accordo con Telecom Italia che prevede quanto segue:

  • esuberi in Telecom Italia dichiarati a 2.600, applicazione di un contratto di solidarietà difensiva che sarà distribuita su circa 30.400 lavoratori, con una percentuale omogenea applicata del 8.85% che corrisponde a 23 gg all'anno per singolo lavoratore.
  • Durata pari a 24 mesi a partire da Gennaio 2016 con la possibilità di estendere di ulteriori 12 mesi previo accordo sindacale (quindi triennio 2016 – 2018).
  • A questo si aggiunge l’accordo per l’uscita su base volontaria fino a 3.287 lavoratori aventi diritto (entro il 31 dicembre 2018 i requisiti minimi per la pensione nei quattro anni successivi) tramite l’applicazione dell’art. 4 della legge Fornero (isopensione).


Solo un mese prima, 21 Settembre 2015, era stato firmato un accordo che prevedeva una procedura di mobilità, di cui agli artt. 24 e 4 della Legge n. 223/1991", per 330 lavoratori di Telecom Italia, mobilità alla quale "potranno accedere volontariamente, a fronte di un incentivo economico".


Facendo il punto della situazione si può affermare che il numero degli esuberi reale derivante dall’applicazione di tutti gli accordi di cui sopra ammonta a 2.600+3.287+330 ovvero 6.217 lavoratori nel periodo 2016 – 2018. Da un punto di vista di rapporto sul totale forza lavoro siamo a quasi il 12% del totale lavoratori del gruppo operanti in Italia.


L’anno 2015 si chiude quindi con l’ennesima applicazione di ammortizzatori sociali nel gruppo Telecom Italia (è la terza solidarietà difensiva a partire dal 2010, è la quarta mobilità a partire dal 2000 ed è la prima applicazione della Legge Fornero); in sostanza viene certificato uno stato di crisi del settore che dura da 15 anni nei quali Telecom ha fruito di tutti gli ammortizzatori sociali possibili inclusa la cassa integrazione applicata nel 2000.


Nei primissimi mesi del 2016 avvengono alcuni eventi che inizialmente fanno propendere per un mantenimento di Marco Patuano alla guida dell’azienda. Viene presentato il nuovo piano industriale 2016-2018: 12 miliardi di investimenti in Italia, di cui 6,7 per l'innovazione che viene salutato positivamente da Slc-CGIL, Fistel – CISL e Uilcom – UIL;   in tale piano è previsto un piano di saving pari a 600 milioni di € del quale il costo del lavoro rappresenta una voce importante. Contestualmente Telecom riapre sulla possibilità di effettuare fino a 4.000 assunzioni convertendo la solidarietà difensiva in espansiva ma la proposta si arena rapidamente senza avere seguito.


Ma il finto idillio tra l’AD e Vivendì è giunto al capolinea: nel mese di Marzo Marco Patuano rassegna le dimissioni con un compenso di 7 milioni di € ed il Presidente Giuseppe Recchi, unitamente al Comitato Nomine, sono incaricati di cercare un nuovo AD.


Nel giro di pochi giorni, ovvero entro la fine di Marzo, viene nominato Flavio Cattaneo già membro del CdA nelle cui sedute erano frequenti i contrasti tra lui e l’ex AD. La nomina è salutata positivamente dal nuovo azionista che gradisce pienamente la scelta effettuata sulla quale ha probabilmente influito pesantemente anche considerando che nel frattempo è salita al 24,9% del capitale sociale. Come bonus di ingresso viene riconosciuto un importo di 2,5 milioni di €.


A seguito della nomina inizia un rapido e violento processo di ristrutturazione aziendale che vede l’uscita di figure apicali quali Roberto Opilio capo di tutta l’area ICT, Rete e Open Access (uscita avvenuta prima della nomina di Cattaneo per dissapori con Patuano), Paolo di Loreto capo del Personale, Simone Battiferri capo della Divisione Business.


Nello stesso tempo il nuovo AD si fa approvare un bonus di 55 Milioni di € destinato a lui e altri pochi top manager: il periodo temporale interessato è quello del quadriennio 2016 – 2019 e riscossione del premio al 2020. Ad ogni modo nessuno dei manager coinvolti potrà presentare dimissioni volontarie nel periodo interessato dal calcolo del bonus; l’AD è comunque garantito da buonuscite milionarie qualora venga
rescisso anticipatamente il suo contratto (es. se fosse accaduto a fine 2016 avrebbe ricevuto comunque un compenso di 31 milioni di €).


Da subito appare evidente quale sia il principale obiettivo che Cattaneo e la nuova proprietà intendono perseguire: quello di un pesante intervento sui costi che consenta un ulteriore saving di 1 Miliardo di € oltre ai 600 milioni del piano industriale di Patuano. Si arriva quindi ad un valore complessivo di saving costi pari a 1.6 Miliardi di € in tre anni.


Si inizia quindi con una sforbiciata decisa a consulenze, prestazioni professionali, eventi interni, trasferte e spese di logistica e locomozione “non dettate da esigenze prioritarie, dotazioni e costi di ufficio”. L’azienda entra in una sorta di “stallo” operativo che rende sempre più difficile lo svolgimento di qualsiasi attività, soprattutto quelle di sviluppo.


A questo viene affiancato un sostanziale processo di ristrutturazione che vede la riduzione delle posizioni di responsabilità di almeno il 40% in ogni area aziendale e l’individuazione di ca. 1.500 persone tra Telecom Italia e Telecom Italia Information Technology da riconvertire professionalmente tramite una nuova struttura denominata Job Center.


A capo del Job Center viene nominato Onofrio Capogrosso ex capo delle Relazioni Industriali in quanto, in ambito area Risorse Umane, avvengono due importanti novità in termini di top manager. Francesco
Micheli, già nominato responsabile dei progetti speciali di Gruppo di Telecom Italia, assume ad interim la responsabilità della funzione People Value (è il nome che era stato assegnato alla funzione Risorse Umane da Paolo Di Loreto), che accorpa le aree risorse umane e organizzazione della società. Micheli nomina a capo delle Relazioni Industriali Francesco Mucci suo compagno di avventure già in Poste e Intesa San Paolo aziende nelle quali il collaudato duo ha già operato efficacemente soprattutto nel demolire i diritti acquisiti in decenni di trattative.


A luglio la frenetica corsa al contenimento costi vede l’esasperazione sul fronte costo del lavoro; l’azienda partorisce regole nuove per la gestione dei permessi cosiddetti EF (ex festività) che valgono 44 ore a
dipendente per anno e che possono essere conservati per max 3 anni dalla maturazione trascorsi i quali vengono liquidati. In sostanza l’azienda cerca di evitare l’accumulo di questi permessi effettuando pressioni ingiustificate ed al di fuori delle relazioni con le OO.SS. perseguendo un consumo forzato e programmato di una tipologia di permessi che non prevede tali modalità, arrivando all’emissione di regolamenti sull’uso dei permessi con effetto retroattivo alla data di emanazione. La pressione si estende al residuo ferie sempre nell’ottica di arrivare a fine 2016 con questi istituti contrattuali possibilmente azzerati in termini di residui per l’ovvio effetto sul bilancio nel quale rappresentano costi.


Tramite queste misure infatti il nuovo management annuncia migliorie significative nei conti di Telecom derivanti ovviamente dal brutale contenimento dei costi (soprattutto quelli del lavoro come ad es. la mancata erogazione del Premio di Risultato a Giugno 2016 per un valore di 66 milioni di €).


Il clima aziendale peggiora rapidamente tanto è vero che l’azienda nel 2016 evita di effettuare alcun sondaggio per non certificare tale situazione di profondo disagio.


Ad Ottobre viene aggiunto un nuovo e profondo elemento di contenzioso interno; l’azienda disdetta unilateralmente gli accordi integrativi del CCNL Telecomunicazioni presentando una proposta di rinnovo estremamente peggiorativa ed in contrasto con il CCNL stesso (scaduto a fine 2014 ma ancora vigente in quanto non rinnovato). Le peggiori novità presentate sono:


1. Demansionamento: a supporto dei processi di riqualificazione professionale attuati a seguito di modifiche degli assetti organizzativi aziendali e allo scopo di garantire i livelli occupazionali, il lavoratore può essere assegnato a mansioni sino a due livelli inquadramentali inferiori - all’interno della medesima o diversa categoria professionale - rispetto a quello di appartenenza, in deroga alle disposizioni del vigente CCNL TLC e dell’art. 2103 Codice Civile. Al riguardo, sono previsti specifici interventi formativi a sostegno del mutamento di mansioni (il già citato JOB CENTER). Oltre alla considerazione che in ambito Jobs Act è previsto un solo livello, è da rimarcare che in caso di crisi aziendale al demansionamento viene associata la riduzione della retribuzione che viene adeguata alla mansione effettiva (es. un 7° livello demansionato a 5° livello avrà anche uno stipendio da 5° livello)


2. Controllo a distanza dei lavoratori: Telecom avvalendosi della modifica apportata dal JOBS ACT al vecchio ART. 4 propone di utilizzare tale strumento per tutti i fini connessi con il rapporto di lavoro ovvero con le prestazioni lavorative. Non è previsto che i lavoratori possano richiedere, a loro tutela, la presenza di un rappresentante sindacale nel colloquio con il datore di lavoro, quando vengono chiamati a discutere sulle performances personali, in funzione dei percorsi formativi personali, scaturite dall’analisi dei controlli individuali. Il tutto in deroga ad eventuali accordi (in sede DTL se inerenti una specifica provincia, al Ministero del Lavoro se più provincie interessate) anche sostenendo che non serve né l’accordo né l’autorizzazione se si tratta di strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la propria prestazione lavorativa oppure se si tratta di strumenti di registrazione accessi e presenze (quindi tornelli, postazioni di lavoro quali desktop, laptop, ecc….). Questo strumento consentirà all’azienda l’applicazione di forme di retribuzione a “cottimo” ovvero a numero di pratiche lavorate, meccanismo desueto risalente ad un passato privo di diritti.


3. Programmazione della fruizione permessi individuali (cosiddetti EF): in linea con quanto perseguito nella seconda metà del 2016 l’azienda tramuta un istituto volto ad assorbire esigenze estemporanee del lavoratore in un monte ore a totale discrezione dell’azienda introducendo l’obbligo di programmazione per il lavoratore


4. Aumento della durata pausa pranzo da 30 a 60 minuti obbligatori con evidenti ripercussioni sulla vivibilità in termini di orario di lavoro che risulta aumentato di mezz’ora al giorno


5. Riduzione ferie: da 23gg anno spettanti ai lavoratori in forza al 19 Luglio 2000 si riporta la normativa al CCNL che prevede 20gg per tutti. Solo ai lavoratori in forza da più di 10 anni verrà riconosciuto un giorno in più. Anche questo intervento va nella riduzione del costo del lavoro consentendo una riduzione di un monte gg complessivo a livello gruppo Telecom Italia che è pari a oltre 110.000 giornate l’anno per un saving stimabile di oltre 12 Milioni di €.


6. Blocco aumenti periodici di anzianità: per i lavoratori in forza al 19/7/2000 che ne avevano 14 che scattavano ogni 2 anni viene sospesa la maturazione degli stessi


Imperterrita l’azienda procede come un bulldozer nella sua politica; viene sancito il rientro di Telecom Italia Information Technology in Telecom Italia (fusione per incorporazione) con contestuale applicazione del contratto di solidarietà ai 3.500 lavoratori che ne facevano parte alle stesse condizioni già applicate in Telecom Italia. È da tener presente che tale società fu creata nel 2010 tramite un discutibile scorporo di ramo d’azienda che attivò centinaia di contenziosi legali con i dipendenti che si opponevano alla cessione . Tale contenzioso, alla data della fusione per incorporazione di TIIT S.r.l. in Telecom Italia S.p.A., aveva visto vincere molti lavoratori nelle sessioni di appello in vari tribunali; è da notare come, malgrado la fusione per incorporazione di fatto annulli il motivo del contendere, Telecom sta proseguendo nella sua battaglia legale in quanto ha fatto ricorso in cassazione contro le sentenze di appello.
Lo scopo sembra abbastanza chiaro: laddove la cassazione dovesse riconoscere la legittimità del ricorso di Telecom, questo consentirebbe in futuro all’azienda di procedere allo stesso modo operato nel 2010 forte di una sentenza che le garantirebbe piena libertà di azione su un tema molto spinoso quale quello delle cessioni di rami d’azienda ed esternalizzazioni.


Gli ultimi mesi dell’anno vedono una crescita delle agitazioni sindacali che culminano a Novembre con scioperi di due ore a fine turno con manifestazioni in tutta Italia (ad es. a Roma sotto la sede di Corso Italia). Nel mese di Dicembre uno sciopero nazionale indetto per l’intera giornata del 13 vede un’adesione oltre il 60% con manifestazioni ancora nelle principali città italiane.
Sempre nello stesso mese prima il 5 e poi nella tre giorni dal 19 al 21 le trattative sul rinnovo del CCNL delle telecomunicazioni si concludono con un nulla di fatto stante la distanza notevole tra la proposta dell’ASSTEL
(l’associazione di categoria delle imprese che adottano il contratto telefonico) e le OO.SS. rappresentate unicamente da SLC-CGIL, UILCOM-UIL e FISTEL-CISL con l’esclusione di sigle autonome che hanno i requisiti di rappresentanza necessari per partecipare quali lo SNATER. Risulta evidente che i contenuti del nuovo CCNL sono molto simili a quanto proposto da Telecom nella disdetta del contratto di II livello.


Ad oggi continuano le agitazioni con numerose iniziative di sciopero a fine turno in tutta Italia ed indette da varie sigle sindacali; sono previsti ulteriori scioperi per intere giornate ancora da fissare.

 

Conclusioni ed ipotesi sul futuro


A poco più di un anno e mezzo dal suo ingresso, l’effetto Vivendì ha provocato quanto segue:

a. l’ennesimo giro di vite sul costo del lavoro in maniera sempre più ingiustificata (Telecom Italia ha il secondo miglior rapporto a livello europeo tra ricavo per addetto e costo, seconda solo a British Telecom) che passa attraverso le solite dichiarazioni di esubero e di crisi strutturale del settore e la conseguente applicazione di onerosi ammortizzatori sociali a carico della collettività;

b. la demolizione sistematica di diritti maturati in decenni di trattative che non ha precedenti e l’introduzione di norme unilaterali che riportano agli anni pre statuto dei lavoratori;

c. la scelta di Flavio Cattaneo come AD che, in virtù delle pessime relazioni con l’ex governo Renzi, ha di fatto sancito l’esclusione di Telecom Italia dal progetto dello sviluppo della fibra ottica nel quale è stata coinvolta Enel insieme a Metroweb (acquisita da Enel a formare Enel Open Fiber);

d. lo stanziamento di bonus milionari destinati ad un ristretto numero di top manager in pieno contrasto con le politiche di riduzione del costo del lavoro e con lo stato di crisi più volte dichiarato dall’azienda;

e. la creazione di un vasto bacino di lavoratori, succitato Job Center, nel quale confluiscono soprattutto risorse dichiarate come indesiderabili dalle funzioni aziendali di provenienza in quanto part time, assegnatari di permessi Legge 104, attivisti sindacali, persone considerate conflittuali, ecc.. Considerando le dimensioni, ovvero 1.500 dipendenti, la creazione di questo “ghetto” non ha precedenti e, le politiche che determinano la scelta del personale da avviare in questo processo di riconversione, sono volutamente elusive nei confronti delle OO.SS. come dichiarato più volte dal responsabile Onofrio Capogrosso;

f. Vivendì storicamente non hai mantenuto le sue partecipazioni in aziende di Telecomunicazioni per lungo tempo: la riprova è nell’esito delle sue precedenti esperienze in merito ovvero SFR in Francia e GVT in Brasile. In SFR entra nel 2011 per uscirne ad inizio 2015; nello stesso periodo cede il 53% che deteneva in Maroc Telecom a Etilsalat; in GVT entra nel 2013 per uscirne nel 2015.

g. Un’ipotesi che potrebbe realizzarsi è conseguente all’ingresso di Vivendì nel capitale di Mediaset che di fatto crea, ai sensi della legge Gasparri e delle valutazioni espresse da AGCOM e AGCM, un’incompatibilità con la contemporanea presenza nel capitale Telecom. Quindi, considerando la storia di Vivendì, esiste una buona probabilità che decida di trovare un accordo in Mediaset che consenta di salire al controllo di tale società e, contestualmente, cedere le proprie quote ad Orange (ex France Telecom quindi l’ex incumbent in Francia, azienda nella quale lo stato francese detiene una quota significativa superiore al 10%). Questo farebbe si che, la più grande azienda di telecomunicazioni italiana passi sempre più in mano straniere; allo stesso tempo il gruppo Mediaset verrà sicuramente interessato da massici interventi sul fronte costo del lavoro aprendo degli scenari del tutto inediti per un’azienda che non ha mai storicamente affrontato problemi di esuberi.

Scarica il PDF