da corriere.it

Un taglio alla forza lavoro inevitabile sì, ma più contenuta rispetto alle apprensioni sindacali. Lo scorporo in due di Tim, con una società della rete e un’altra dei servizi, porta ad una necessaria ristrutturazione della taglia del gruppo. Saranno «circa 5.000-6.000 le persone» previste in uscita da qui al 2024, dice l’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, durante la conferenza stampa sul Piano. «C’è un problema oggettivo di mercato» per la mancanza di manodopera per i lavori del piano nazionale di ripresa e resilienza ma «siamo un’azienda meno esposta a questo tipo di problema», ha aggiunto il manager. Quel che è certo è che — al netto della difficoltà di trovare profili per stendere la fibra in tutto il Paese secondo il piano ad 1 giga appena costruito dal ministro dell’Innovazione Vittorio Colao — le eccedenze ci saranno eccome, ma verranno gestite con strumenti come l’articolo 4 ex legge Fornero, cioè con l’isopensione (ecco cos’è). Labriola ha ricordato che l’età media in azienda è intorno a 54 anni dunque in questo modo partirà il ricambio generazionale.

Giorgio Serao, della segretaria nazionale della Fistel Cisl, durante l’ultima audizione alla Camera aveva ipotizzato «fino a 10mila esuberi». «Credo — aveva aggiunto — che con la divisione di Tim in due società, ServCo e NetCo e forse anche una terza per i servizi legati all’enterprise, siamo di fronte a un processo che divide l’azienda e si rischia che i debiti si debbano poi spalmare sulla collettività». Mentre Luciano Savant Levra, segretario nazionale della Uilcom, si era chiesto come potesse stare sul mercato la ServCo con circa 15mila dipendenti: «I concorrenti come Vodafone e Wind sono intorno a 6mila. Come sta sul mercato un’azienda da 16mila dipendenti rispetto ai concorrenti?», si era domandato sottolineando i problemi che si creerebbero per l’indotto con un piano di scissione del gruppo: «Se viene spezzettato il gruppo Tim a cascata può cadere anche il resto».

I numeri fortunatamente sono più bassi. Ma è chiaro che la transizione andrà gestita in maniera oculata. La nuova Tim, nel 2030 al termine del piano di riorganizzazione, sarà infatti più «snella». La riorganizzazione prevede una riduzione di oltre 9 mila `full time equivalent´, circa 6,4 mila nella netco che passerebbe dagli attuali previsti 21,4 mila a 15 mila e circa 3 mila nella divisione consumer, che scenderanno da 14 a 11 mila o anche meno perche «altre azioni sono in valutazione» precisano le slide di presentazione del piano. La divisione enterprise avrà invece bisogno di circa 5,5 mila persone (pressoché quelle già impiegate che dovrebbero essere 5,3 mila). «Sul livello occupazionale «stiamo discutendo con il sindacato ma bisogna abituarsi all’idea che nella vita professionale bisogna cambiare più volte il proprio lavoro» commenta l’ad Pietro Labriola. «Stiamo andando in continuità con le modalità ottimizzate fino ad oggi» aggiunge ribadendo che gli esodi saranno volontari.

Per questo la gara per i servizi cloud della Pubblica amministrazione diventa decisiva perché mitigherebbe l’impatto sociale della transizione. Fonti rivelano che la cordata Tim-Leonardo-Sogei-Cdp abbia esercitato la prelazione presentando una controfferta per conquistare il Cloud nazionale. Oggi si è riunito un consiglio straordinario di Cdp che ha seguito il board di Tim di ieri, prendendo entrambi la decisione di pareggiare l’offerta di Aruba-Fastweb che il 22 giugno si erano aggiudicati la gara a 2,8 miliardi, pari a uno sconto medio del 39,19% sui listini posti a base di gara. Non era bastato lo sconto – del 23,36% – a garantire la vittoria alla cordata promotrice. Il raggruppamento di sistema guidato da Tim e Cassa aveva 15 giorni di tempo che scadevano oggi: nell’esercitare il diritto di prelazione si impegna nei confronti del governo e delle singole amministrazioni, per i 13 anni di durata del contratto, ad eseguire il progetto Fastweb-Aruba in ogni dettaglio tecnico, di governance ed amministrativo, con lo stesso listino economico e senza alcuna possibilità di introdurre variazioni.

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